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Cultura lunedì 03 novembre 2014 ore 12:20

La Guaita di Travale: le origini dell'italiano

In una contesa giudiziaria per dei territori della Diocesi, la prima testimonianza in lingua volgare: Malfredo era stanco di fare la guardia per un pezzo di pane



VOLTERRA — L’Archivio Storico Diocesano di Volterra, in collaborazione e su proposta degli Amici dei Musei e Monumenti Volterrani, ha promosso una giornata di studio relativa ad un documento di capitale importanza per la storia della lingua italiana: la famosa 'Guaita di Travale', pergamena datata 30 giugno 1158 e conservata nell'Archivio Diocesano della città etrusca.
La giornata di studio si terrà sabato 8 novembre, con inizio alle ore 15, quando la pergamena della Guaita sarà esposta presso la Cappella Inghirami all’interno della Cattedrale di Volterra. La serata prevede, dopo i saluti delle istituzioni, gli interventi del professor Renato Bacci, che contestualizzerà l’importanza del documento per la storia della nostra lingua, della dottoressa Gabriela Todros, ispettrice della soprintendenza archivistica, che parlerà della tutela del patrimonio documentario; infine Silvia Gazzina e Rita Scarselli, del Centro di restauro delle carte antiche, parleranno degli interventi di recupero e conservazione sulle pergamene.

L’esposizione della Guaita si prolungherà anche il giorno seguente, domenica 9 novembre, durante l’orario di apertura della Cattedrale.
"La pergamena riveste singolare interesse  - spiega Alessandro Furiesi, Archivista Diocesano, Ispettore onorario della Soprintendenza Archivistica Toscana - perché è un documento che appartiene alla nostra Chiesa Volterrana e costituisce una delle più antiche attestazioni scritte della lingua volgare, di fronte all’uso pressoché esclusivo del latino negli atti ufficiali".

Furiesi spiega la curiosa storia della pergamena. "Il vescovo Galgano, appartenente alla potente famiglia comitale dei Pannocchieschi di Elci, a partire dal 1156 entrò in lite con il conte Ranieri, che alcuni ritengono fosse suo fratello, per la divisione dei possessi di Gerfalco e di Travale, situati sul confine del territorio volterrano verso il senese, oggi in Provincia di Grosseto, ma ancora in Diocesi di Volterra. Nel 1158 la contesa venne rimessa al giudice Balduino, il quale dispose che dovessero essere interrogati sei uomini di Travale e sei di Fosini che, sotto giuramento, dovevano chiarire l’appartenenza dei singoli territori all’una o all’altra corte. Mentre ci sono conservate le deposizioni degli uomini di Travale, riportate nella pergamena, mancano quelle degli uomini di Fosini e la sentenza finale del giudice: non sappiamo perciò come andò a finire la lite".
I testimoni dovevano quindi dichiarare se appartenevano o meno alla corte di Travale le masserie contestate ed è questo il contenuto del prezioso documento: "un tale Henriculus depone a proposito del podere Montanina, dichiarando: Io de presi pane e vino per li maccioni a Travale". Lo scriba, trattandosi di un elemento importante per chiarire la controversia, riferisce tale dichiarazione nella lingua del teste: i muratori (maccioni), occupati nei lavori presso il podere della Montanina, ricevevano le somministrazioni dalla corte di Travale, a cui spettava provvedere e da cui quindi dipendeva quel podere. Forse la testimonianza più famosa, contenuta nello stesso documento, è quella di Pochino detto Pietro, il quale per affermare che il podere di Casamagi appartiene alla corte di Travale, riferisce che Malfredo di Casamagi fece la 'guaita' a Travale: sero ascendit murum et dixit: guaita, guaita male non magiai ma mezo pane. Il testimone riferisce cioè che Malfredo quella sera saliva sugli spalti del castello di Travale, ma ci saliva a malincuore, stanco di fare la 'guaita', cioè la guardia, servizio a malapena ricompensato con un pezzo di pane".


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