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Attualità sabato 03 settembre 2016 ore 15:15

"Albertazzi, una delle persone più buone"

Giorgio Albertazzi

Il direttore del Festival del Teatro Romano di Volterra replica all'Anpi che aveva espresso disappunto per la cittadinanza onoraria all'artista



VOLTERRA — "Giorgio Albertazzi, è una delle persone più buone e generose che io abbia mai conosciuto, ha insegnato a generazioni di giovani se non a fare gli attori ad amare l'arte, il teatro, il cinema, la letteratura, la musica, la poesia e gli ha donato gli strumenti per poterlo fare. Poi gli ha insegnato a riconoscersi, a mettersi in discussione e in gioco e a capire chi e quello che sono, non è donarsi? Non è pentirsi ? E’ essere fascista? Fucilatore?". Così il direttore del Festival Internazionale del Teatro Romano di Volterra Simone Domenico Migliorini ha replicato alla sezione locale dell'Anpi che alcune settimane fa espresse disappunto e si dissociò dalla concessione della cittadinanza onoraria all’attore Giorgio Albertazzi da parte del Comune. I partigiani precisarono che non avevano nulla da dire sui meriti artistici, ma non potevano accettare la vicenda privata nel periodo in cui l'artista fu sottotenente nell'esercito della Repubblica Sociale Italiana di Mussolini.

Ecco, di seguito, la lettera di Migliorini:

Gent.mo sig.r Presidente ANPI

In riferimento alle prese di posizione dell'Anpi di Volterra, sulla cittadinanza onoraria conferita dal Comune di Volterra al maestro Giorgio Albertazzi, le scrivo in qualità di allievo del maestro e suo affezionato amico, nonché le scrivo da cittadino italiano, da fondatore e direttore del Festival Internazionale Teatro Romano di Volterra che ha promosso e ospitato la cerimonia di assegnazione della cittadinanza onoraria al maestro.

Mi è venuto spontaneo e doveroso scrivere per la deriva grottesca e dolorosa alla quale sta approdando la pagina Facebook del sodalizio volterrano. E insieme a me sottoscrivono questo pensiero molti cittadini italiani, amici e non del maestro, suoi allievi, uomini e donne di cultura e di teatro.

Sono sicuro che questa riflessione verrà valutata per quello che vuole essere: un pensiero onesto e molto meditato.
È naturale che noi siamo addolorati da tutta questa pantomima, quel dolore misto a indignazione, che ti comprime il petto, ti squassa lo stomaco, quel dolore che ti farebbe urlare, usare lo stesso linguaggio, che oggettivamente è un modo aggressivo, di tipo squisitamente impositivo delle proprie ragioni.

È naturale che noi dovessimo intervenire in questa querelle da guerriglia urbana, che investe l'onorabilità di una persona a noi in particolare ma non solo a noi, molto cara.
Ho voluto sedimentare, aspettare che l'insonnia delle notti passate a non capacitarmi di tanta aggressività e violenza verbale e odio, portasse consiglio.

Ma come, non siamo in tempo di pace? Mi sono chiesto, perché allora chi ha combattuto per ottenerla e i loro eredi, i custodi della loro memoria, adesso non contribuiscono a perseguirla ma cercano di alimentare e mantenere vivo un odio tra le parti, (che non sono ormai più parti ma sono solo affetti, che non hanno nulla a che vedere con le appartenenze ma vi si sovrappongono). che il loro ruolo e la loro onestà intellettuale non dovrebbero consentirgli di fare.

Forse per mantenere vivi loro stessi? Giustificare la loro eredità, senza essere in grado di rinnovarla, emanciparla, onorarla, senza avere progetti senza sorvegliare sul "fascismo" che anche nella "democrazia" serpeggia ben nascosto, più pericoloso, forse, di quello passato? Mantenere vivo un odio quale linfa a una resistenza ideologica ha davvero un senso? Dà come l’impressione di un sodalizio che si sente in pericolo di sopravvivenza e che si aggrappi ferocemente, con gli artigli, a qualsiasi scusa che possa ricoagulare e rinverdire il senso di appartenenza. Non credo che questo significhi essere antifascisti o almeno non come lo sono e lo intendo io.

Tra i simpatizzanti volterrani ci sono tanti amici e conoscenti, molte persone responsabili che rivestono o hanno rivestito ruoli pubblici e molti dei quali ritengo di stimare, se non volergli bene e ho sempre pensato che questo bene e questa stima fossero corrisposti. Sono addolorato perché forse sopravvalutavo se non le singole intelligenze, le singole sensibilità.

Siamo addolorati per Giorgio Albertazzi, per i suoi cari, in primis per sua moglie Pia Tolomei e poi per tutti coloro che gli volevano molto bene, quindi siamo addolorati anche per noi stessi e anche perché questa presa di posizione un po' epilettica, schiumosa, arriva a tumulazione avvenuta e a lutto non ancora elaborato per chi è rimasto di lui orfano e lo piange.

Sono addolorato perché mi sarebbe piaciuto presentare Giorgio a questi amici e conoscenti perché sarebbe stato bello e costruttivo vederli discutere sulle differenti posizioni, se lo avessero guardato negli occhi, che erano dolci, sono sicuro che gli avrebbero tutti stretto la mano meravigliandosi forse di quanto fosse molto più vicino lui a certe posizioni di quanto forse loro stessi immaginino. Ma a volte i pregiudizi fanno perdere occasioni di dialogo e di crescita reciproca e anche di amore e di condivisione.

Sembra che la colpa più grave sia il mancato pentimento pubblico. Ritengo che il pentimento sia cosa privata, non può essere estorto e preteso, chi si trova di fronte a una richiesta di pentimento, quasi come se fosse una minaccia mafiosa o da far west, si rifiuta per orgoglio se si ha intelligenza e onestà e si è sicuri di quello che si è commesso e non commesso.Gli altri che si dicono pentiti lo sono veramente ?! Che significa pentirsi pubblicamente?! Ci sostituiamo al Padre eterno? Vogliamo vedere le persone piagnucolanti a mani giunte battersi il petto? Solo per la soddisfazione di essere dispensatori di perdono e essere additati per la nostra immensa bontà?

Vogliamo creare una nuova religione pagana o delle sudditanze politiche e psicologiche? Vogliamo far prevalere le ragioni dell’antifascismo in maniera fascista? Qual'è il progetto? Il Padre eterno di qualsiasi religione legge negli animi, noi no, è un nostro limite di noi esseri umani. Io personalmente mi accontento di leggere negli occhi, nelle espressioni, nei toni della voce e nei comportamenti e nell'agire, mi accontento di percepire un bacio, una carezza...Uno può dirsi pentito e non esserlo affatto, anzi .. E un altro, per orgoglio e perché, se si ragiona bene, non serve a niente esserlo, dice di non esserlo e poi nei fatti e nelle azioni lo è e si comporta per dimostrarlo, invece che dirlo semplicemente.

Giorgio Albertazzi non lo ha dichiarato il suo pentimento, perché ha sempre sostenuto di non aver commesso il fatto e per questo è stato assolto, non per amnistia come si continua ad insinuare. Ha sempre riconosciuto di essersi schierato dalla parte sbagliata e giustificato il perché lo abbia fatto, non c’è motivo di non credergli e se mai avesse avuto un qualche pentimento non lo avrà detto ma lo ha vissuto sulla sua pelle statene certi e dimostrato ampiamente, non basta? Lui era per il fare non per le vuote chiacchiere da paese: fare teatro, fare l'amore, fare la vita.

Essere artisti è donarsi, è quasi un sacerdozio (se mi sente si metterà a ridere) lui si è donato con tutto se stesso.

Guardiamo piuttosto ai fascismi di oggi e non a quello di ieri, credo sia questo il compito e l'eredità della resistenza, e non solo di chi ha abbracciato "casualmente" la causa giusta ma è l'eredità anche di chi "casualmente" ha abbracciato quella sbagliata. Uso il "casualmente" per rifarmi a quella bella analisi che ne fece Pasolini.

Non è certo l'eredità che permette di continuare a seminare odio con odio tra chi è affezionato a quegli allora ragazzi che non sono stati certo responsabili della guerra ma sono stati vittime e nemmeno responsabili del loro agire, alimentato da un odio indotto da una situazione incontrollata e incontrollabile che faceva leva su l’ancestralità selvaggia dell’essere umano, in una spirale di azioni crudeli, come crudeli sono le guerre.

Noi, oggi, grazie anche ai martiri della guerra, di tutte le guerre, anche quella contro i Parti di qualche migliaio di anni fa, siamo responsabili del nostro agire e l’agire come questo non può più essere attribuito a una mancanza di istruzione o di informazione o di sensibilizzazione, quindi va considerato un agire grave.

Prima di pubblicare ci vorrebbero prove e documenti reali e non artefatti, riscontri veritieri e non di parte, testimoni ne aveva anche Enzo Tortora, mitomani o prezzolati o minacciati.

Infine se questa vicenda è di così grande interesse, che si facciano ricerche puntuali, documenti autentici per studiarla, verificarla e consegnarla alla storia nel rispetto di chi l'ha vissuta e subita senza che debba essere strumentalizzata.

Giorgio Albertazzi, è una delle persone più buone e generose che io abbia mai conosciuto, ha insegnato a generazioni di giovani se non a fare gli attori ad amare l'arte, il teatro, il cinema, la letteratura, la musica, la poesia e gli ha donato gli strumenti per poterlo fare. Poi gli ha insegnato a riconoscersi, a mettersi in discussione e in gioco e a capire chi e quello che sono, non è donarsi? Non è pentirsi ? E’ essere fascista? Fucilatore? E’ seminare odio tra generazioni? O seminare l’odio e indurre a reazioni sconsiderate sono altri modi di comportarsi? Mi risponda per favore.

Non esiste un suo solo allievo che sia fascista, né un suo solo allievo che abbia commesso delitti o scorrettezze nella società, quantomeno per essergli stato allievo o sodale o amico.

Giorgio Albertazzi quello che ha fatto con le generazioni di giovani e meno giovani lo ha fatto meglio di tanti insegnanti e professori magari anche tesserati Anpi et similia e lo ha fatto con più entusiasmo competenza genialità e generosità.

Ho la sensazione che questa vicenda sia stata suggerita, da persone esterne, facinorosi, ma mi vorrei sbagliare, ci sono persone che mascherano la loro ferocia dietro una vendibile autorevolezza, questo non giustifica, che ci si caschi.

Infatti la cosa che ci fa strano, è che la cittadinanza è stata conferita al maestro tre anni fa quando Giorgio Albertazzi era in vita e gli è stata riconosciuta all'unanimità da tutte le forze politiche di maggioranza e opposizione facenti parte del Consiglio Comunale della precedente legislatura di Volterra. Ne fu data notizia da tutta la stampa. Ma evidentemente la cosa non sembrava stargli così a cuore come oggi, oppure i “Tartuffe” non sono stati abbastanza solerti nel sobillare quella che sapevano avrebbe fruttato una loro reazione di brava gente ma un po’ ingenua.

Un'altra cosa, davvero l’ultima, che mi hanno insegnato sia mio padre che Giorgio Albertazzi è quella di non portare rancore, le garantisco gent.mo Presidente che in questo mio salutarla e ringraziarla per l'attenzione c è un forte dolore ma nemmeno una pur piccola traccia di rancore, tutto questo si commenta da solo e credo che ora la palla del doversi pentire sia passata ad altri, o quanto meno quella di dover chiedere scusa. L’anno prossimo spero averla gradito ospite alla nostra manifestazione, magari durante la consegna del Premio Giorgio Albertazzi, sarebbe un bel gesto venisse lei o un suo delegato a consegnarlo al vincitore.

Simone Domenico Migliorini

p.s.:Giorgio Albertazzi è stato insignito nel 1996 dal Presidente della Repubblica italiana (Oscar Luigi Scalfaro) del riconoscimento di CAVALIERE AL MERITO DELLA REPUBBLICA ITALIANA e nel 2002 dal Presidente della Repubblica italiana Carlo Azeglio Ciampi con la MEDAGLIA D’ORO COME BENEMERITO DELLA CULTURA E DELL’ARTE in più non si contano i riconoscimenti nazionali e internazionali. Non mi risulta che l’ANPI, a nessun titolo, abbia messo in discussione tali onorificenze ancor più autorevoli e significative della cittadinanza volterrana.
Per altro per Volterra Giorgio Albertazzi ha fatto moltissimo e il suo predecessore, nel ricevere la cittadinanza volterrana è stato, ironia della sorte, Gabriele D’Annunzio.


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