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Cultura lunedì 16 gennaio 2017 ore 16:00

Gli alabastrai come talent scout

Nelle botteghe artigianali si esibivano giovani promesse della lirica che venivano poi giudicati, per le loro doti canore, da severi uditori



VOLTERRA — Le botteghe alabastrine fanno parte del tessuto produttivo, economico e identitario di Volterra. Oltre a svolgere un ruolo centrale nelle dinamiche economiche della città, durante il XX secolo, hanno rappresentato un punto di riferimento fondamentale per la formazione di coscienze e di spiriti liberi. Dibattiti politici, discussioni sull’attualità e sulla religione si svolgevano quotidianamente durante l’orario di lavoro. I laboratori, tra le diverse funzioni, assunsero anche il ruolo di coltivare le doti canore di molti giovani, come se dovessero prepararli per i conservatori musicali. Gli artigiani volterrani erano, infatti, raffinati ed esperti melomani. Nei loro laboratori le opere liriche facevano spesso da sottofondo musicale. È in questo contesto che, spesso, accoglievano giovani talenti che si si esercitavano, così, davanti a un pubblico attento e critico. L’orecchio esercitato degli artigiani, infatti, costituiva quasi il banco di prova per chi avrebbe raggiunto successi e fama internazionali. Anche durante le rappresentazioni al Teatro Persio Flacco, numerosi cantanti, guardavano con grande attenzione verso il loggione (in gergo chiamato “palcaccia”), posto generalmente occupato dagli alabastrai. E proprio in base alle loro reazioni era possibile vaticinare il successo della compagnia. Le botteghe alabastrine, oltre a essere studi d’arte, erano anche fucine di idee, di cultura e, in particolare, luoghi in cui veniva valorizzata la qualità della tradizione melodrammatica.

Viola Luti
© Riproduzione riservata


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