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Cultura giovedì 05 gennaio 2017 ore 11:45

Un popolo di squattrinati

L'economia degli Etruschi era basata principalmente sul baratto. La coniazione di monete di metallo arrivò tardi e non coinvolse mai l'intera civiltà



VOLTERRA — Gli Etruschi erano un popolo di abili artigiani e commercianti dinamici, ma come avveniva il sistema di pagamento dei prodotti? Le informazioni che abbiamo sono poche, e così, con tempismo perfetto, l’alone di mistero, che da sempre circola a distanza ravvicinata attorno all’antico popolo, ancora una volta, torna a palesarsi. Ma andiamo per gradi e cerchiamo di scoprire il motivo dei dubbi irrisolti legati soprattutto agli scarsi ritrovamenti di monete rinvenute durante gli scavi archeologici.

La loro era un’economia principalmente basata sul baratto, in particolare, il rame e l’argento grezzo erano la merce di scambio più diffusa.

Una gestione in termini monetari subentrò a metà del V secolo a.C., ma il processo di coniazione non coinvolse contemporaneamente l’intera civiltà. Furono, infatti, soltanto alcune città-stato a produrne alcuni esemplari.

Fu il caso di Populonia che, grazie alla presenza di ricchezze minerarie nel suo territorio, dette inizio al processo che, successivamente, fu adottato anche dalle altre lucumonie.

Svelato in parte il motivo dei limitati ritrovamenti, ecco che l’arcano si allarga al significato delle raffigurazioni e delle incisioni presenti sul materiale numismatico.

Su alcune monete, infatti, è riportato il nome della città che le ha emesse, altre, invece, sono anonime; non tutte hanno il valore intrinseco indicato; e, infine, le differenze coinvolgono anche la forma, alcune, infatti, hanno il rovescio piano, altre incavato, alcune in rilievo, altre livellato.

Sulle facce dei metalli coniati venivano rappresentati gufi, cani. asini, cinghiali, serpenti, tori e galli, ma, oltre ad animali, erano frequenti anche mostri e creature mitologiche. Tra questi la Gorgone, medusa che pietrificava chiunque la guardasse; il Grifone con testa d’aquila e corpo da leone; la Chimera, leone, con testa di capra sulla schiena e coda di serpente; l'Ippocampo, metà cavallo e metà pesce; la Sfinge, volto umano, corpo di leone, ali di un rapace e un serpente al posto della coda; Cerbero, il cane a tre teste custode degli inferi.

Nessuna riproduzione, però, delle divinità. Era, infatti, proibito ritrarre soggetti sacri.

I volti di Atena, Minerva, Ercole e Mercurio vennero utilizzati soltanto in epoca tarda, con la funzione di conquistarsi le simpatie e le grazie dei romani.

Le monete, nella criptica civiltà etrusca, svolgevano una funzione sia remunerativa sia apotropaica. Una duplice valenza che, oltre all’usuale aspetto economico, le rende, quindi, simili ad amuleti e a talismani che, secondo le antiche credenze, avrebbero potuto proteggere dagli spiriti maligni e allontanare le minacce.

L'ultima moneta etrusca fu coniata e donata ad Annibale in occasione della sua discesa in Italia per promuovere anche una rivolta dei popoli italici contro Roma. Il monile raffigurava, al dritto un abitante della Nubia e, al rovescio, un elefante.

Viola Luti
© Riproduzione riservata


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