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Detenuti in fuga dopo un bombardamento

Durante gli attacchi aerei del 2 luglio 1944, alcune granate colpirono il penitenziario di Volterra, permettendo ai carcerati di scappare

Il carcere di Volterra

Il Maschio di Volterra è un carcere di massima sicurezza da cui è praticamente impossibile riuscire a fuggire. Ma, nella sua storia, c’è un giorno in cui restò quasi deserto.

Per capire che cosa accadde, però, dobbiamo fare un salto indietro nel tempo.

È il 2 luglio 1944 e gli attacchi aerei si abbattono sulla città etrusca. Tre granate lanciate in direzione dei Ponti colpiscono il luogo di reclusione. Alcune sezioni vengono centrate e i detenuti, in preda al panico, si ammassano lungo le porte e i cancelli dell’edificio.

La pressione esercitata dai loro corpi e alcuni danneggiamenti alla fortezza causati dell’attacco, scardinano gli infissi, creando una via di accesso verso l’esterno. Inevitabile, a quel punto, l’evasione di massa. Immediatamente i fuggiaschi si riversano nelle vie della città, riassaporando, anche se solo per pochi minuti, la libertà.

Dalla torre di controllo Femmina, infatti, il comando tedesco segnala la fuga e dà inizio all’inseguimento. Alcuni reclusi furono ricondotti nel penitenziario, altri rimasero uccisi dall’esplosione e di altri ancora se ne persero le tracce. L’unica certezza è che, a fine giornata, le celle erano prevalentemente vuote. Se quella mattina, infatti, il penitenziario conteneva 502 detenuti, la sera ne contava soltanto 164. Circa due terzi dei carcerati.