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Galeotta fu Volterra per i coniugi Carducci

Fu dalla finestra di via Guarnacci, dove ora è affissa una targa, che nacque l’amore tra i genitori del grande poeta

La finestra di via Guarnacci

Il ruolo che il fato ricopre in amore, da sempre, è uno degli argomenti centrali della cinematografia, della letteratura e della poesia. Spesso, infatti, il caso, crea situazioni che danno origine a relazioni che dureranno per tutta la vita. È quello che accadde anche ai genitori di Giosuè Carducci.

A fare da scenario alla nascita della loro storia d'amore fu proprio la città di Volterra.

Siamo, infatti, nel 1831, quando, il giovane studente di medicina, Michele Carducci, durante la frequentazione dell’Ateneo pisano, si iscrisse alla Carboneria e partecipò a una congiura per ottenere la costituzione. Fu, per questo, condannato a dodici mesi di confino nella città etrusca, dove rimase fino all’aprile del 1832, seguendo la vita dell’ospedale al tempo sotto la direzione del professor Antonio Raikem. Durante questo periodo si trovò a passare molte volte da Porta Fiorentina e lì notò, affacciata alla finestra della propria casa, Ildegonda Celli, figlia di un orafo fiorentino, residente appunto in via Guarnacci. Iniziò così, secondo i caratteri del corteggiamento del tempo, la storia d’amore tra il giovane rivoluzionario e la ragazza. I due innamorati, infatti, nel 1833, convolarono a nozze e due anni dopo diedero alla luce il loro primo figlio: Giosue Carducci. Il poeta, vincitore del Premio Nobel per la Letteratura nel 1906, rimase sempre legato alla città di origine della madre.

Nel 1905, infatti, gli venne conferita la cittadinanza onoraria e, alcuni anni dopo, in Consiglio Comunale, fu avanzata la proposta di dedicare a lui il suggestivo e amatissimo viale dei Ponti. A dimostrazione di quanto il Poggio fosse amato dal poeta, le parole rivolte al sindaco di Volterra in occasione della onorificenza: “(…)un affetto mio particolare a cotesto Paese dal quale mi derivò di certo quello che nei miei begli anni mi turbinò di selvaggio e giocondo nel cuore e mi gemé profondamente nell’animo.”