Spettacoli

La meraviglia del Teatro Romano

Un salto nella storia: il teatro dell'Imperatore Ottaviano Augusto torna a vivere

Foto di Roberta Bocci

Camminare su quelle pietre posate oltre 2mila anni fa dagli antichi romani. Un teatro illuminato di luci rosse e piccole candele. Un'atmosfera suggestiva ed emozionante per il primo spettacolo del Festival Internazionale del Teatro Romano di Volterra che si è aperto ieri sera, 5 luglio, con la piecè 'Pulcinella e l'Imperatore', dedicata proprio ad Ottaviano Augusto che aveva voluto il teatro.

Grande la soddisfazione del patron del Festival Simone Migliorini, che per questa dodicesima edizione è riuscito per la prima volta ad aprire l'antichissimo teatro agli spettacoli che andranno avanti fino al 3 agosto.

Un evento unico per Volterra, dove un luogo antico, un vero e proprio gioiello, è stato riportato alla vita grazie all'impegno degli organizzatori, all'Unesco, alla Soprintendenza, alla Fondazione Cassa di Risparmio di Volterra, all'amministrazione comunale.

Migliorini, al termine dell spettacolo, ha ringraziato quanti hanno reso possibile la realizzazione "di questo sogno" e si è complimentato con Jacopo Pantani, giovane volterrano e direttore tecnico del Festival che ha sapientemente scelto l'illuminazione del teatro, rendendolo davvero magico.

Augusto Mugellini, presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Volterra ha ricordato come il festival sia stato scelto, insieme ad altri pochi preziosi luoghi in Italia, per far parte di Teatri di Pietra, una rete culturale per la valorizzazione dei teatri antichi e dei siti archeologici, dove Volterra è l'unica a rappresentare la Toscana.

L'amministrazione comunale ha ricordato di essersi impegnata nella sistemazione di alcuni punti del teatro per permetterne la fruizione ed ha espresso soddisfazione per l'importante iniziativa, unica nel suo genere.

Stasera, 6 luglio, secondo appuntamento con 'Elena' di Ghiannis Ritsos, con Mariangela D'Abbraccio per la regia di Francesco Tavassi.
Struggente e visionaria la Elena di Troia che Ghiannis Ritsos ci offre: immaginariamente pluricentenaria, assediata dal fantasma maledetto della propria antica bellezza. Sola nel palazzo che fu teatro del suo rapimento da parte di Paride, affronta i propri ricordi e l'arrivo della fine tra i pochi resti impolverati e sgretolati di gioielli e vestiti, trofei di un passato fiero, sottratti al saccheggio di giovani e sprezzanti ancelle. Intorno a lei i fantasmi di coloro che le dedicarono la vita fino alle estreme conseguenze.

Con Mariangela D'Abbraccio la bellezza di Elena, sarà espressa come traccia di una antica maschera, ancorata alla fine della vita come ultima e beffarda espressione di una umanità trapassata, simbolo della resistenza alla devastazione del tempo e alla morte. L'Elena di Ritsos è la speranza, o meglio la consapevoleza (che è anche atto di fede del poeta) che qualcosa si salva sempre dal naufragio, dalla distruzione totale. Perchè "chissà / là dove qualcuno resiste senza speranza, è forse là che inizia / la storia umana, come la chiamiamo, e la bellezza dell'uomo".