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La messa delle mutande

Per sdebitarsi della biancheria regalata, la marchesa Matteucci dedicò 15 funzioni religiose alla madre della signora Rosina Viti

“È venerdì, devo andare alla messa delle mutande!” Con questa esclamazione la signora Rosina Viti, proprietaria del celebre palazzo situato in via Sarti, per quindici settimane si ricordò di assistere alla funzione in suffragio di sua madre.

Per capire le ragioni dell’insolito abbinamento, tra sacro e profano, è necessario fare un salto nel passato.

Nel 1944, a Castel di San Gimignano, arrivarono i “liberatori”, ovvero le truppe coloniali al comando dei francesi, che dettero vita a nefandezze e turpitudini, come raccontato ne La ciociara di Moravia. Oltraggi alla popolazione civile che niente avevano a che vedere con la logica di chi stava combattendo contro l’occupazione tedesca. Un gruppo di militari, in vena di rivalse radicate in un concetto di giustizia arcaico, svaligiò villa Palagio della marchesa Eugenia Tortoli Salvetti di San Gimignano, moglie di Enrico Matteucci Ramirez di Montalvo. Tra gli oggetti rubati, fu fatta razzia anche di abiti e di mutande preziose e blasonate di antica fattura, conosciute anche con l’appellativo di “mutandoni”. La nobildonna, disperata per essere rimasta priva dell’unica biancheria ritenuta portabile, si recò a Volterra per acquistarne di nuova. Impresa che risultò impossibile. Infatti, le aristocratiche abitudini del vestiario non le consentirono di trovare le cinquecentesche e ingombranti braghesse che, larghe e lunghe fino al ginocchio, erano state soppiantate da capi più comodi.

Sconfortata, chiese aiuto all’amica Rosina Viti, appartenente alla storica e prestigiosa famiglia volterrana. La signora, rovistando nell’armadio, trovò gli indumenti richiesti e decisamente démodé e glieli regalò. Per sdebitarsi del prezioso e salvifico dono, la titolata signora, di fronte al rifiuto di percepire denaro in cambio della “merce” ricevuta, su consiglio della sua dama di compagnia, le offrì quindici messe in onore dei suoi defunti. Fu così che la celebrazione religiosa del suffragio venne collegata a indumenti così profani.