Attualità

La ruota degli orfanelli

Come in un romanzo di appendice, qualche secolo fa i bambini abbandonati trovavano rifugio nel convento di San Lino, oggi divenuto un albergo

La chiesa di San Lino a Volterra

Qualche secolo fa, presso il convento di San Lino, adesso diventato albergo, era stata predisposta una ruota che serviva alle madri sventurate per abbandonare “i figli della colpa”. Di notte, nella strada deserta, le “reiette”, aspettavano il momento opportuno per lasciare il loro piccolo e, successivamente, suonavano la campanella per avvisarne la presenza.

Secondo le statistiche il fenomeno era piuttosto diffuso: nella prima metà del Cinquecento, i dati segnalano oltre trecento casi nell’arco di pochi anni.

I bambini abbandonati, chiamati a Volterra nocentini o gettatelli, venivano, molto spesso, accolti nelle numerose famiglie contadine dei dintorni, dove, poi, venivano indirizzati al lavoro dei campi, diventando così parte integrante del nucleo patriarcale.

L’istituzione della ruota, inizialmente posta nei pressi dell’ospedale e successivamente nel claustro delle religiose, era ancora visibile negli anni Cinquanta del secolo scorso.

Questo strumento di assistenza per bambini, che permetteva di sottrarli al freddo e alla denutrizione, rievoca scene tratte dalle pagine del Tom Jones di Henry Fielding o dell’Oliver Twist di Charles Dickens, nei quali i minori combattono quotidianamente contro la fame e la povertà. L’abbandono, infatti, era ed è una piaga legata alla miseria, al disagio, e, soprattutto in passato, all’esistenza di rigide categorie morali che condannavano comportamenti e scelte di vita che si discostavano dai dettami religiosi. Questo dramma umano è stato oggetto di attenzione e di studio da parte di un volterrano storico Giovanni Batistini.