Attualità

Alabastro, corsi e ricorsi storici

La rivelazione di un giornalista su un proprio plagio svela l’attualità di un articolo del 1877 pubblicato sulla rivista "Il Corazziere"

Uno degli aspetti positivi dell’Italia è avere, ciclicamente, buone idee per curare l’inefficienza del paese, per migliorare la sua economia, per alleggerire la potente macchina burocratica e per sanare gli individualismi sempre presenti. Uno degli aspetti negativi è dimenticarsene e procedere, per pigrizia e per faciloneria, con le vecchie abitudini. Volterra non fa eccezione. Il 15 maggio 1932, sul numero XX della rivista «Il Corazziere», un sarcastico giornalista, che si firmava ‘Uno zinzall ro.’, pubblicò un articolo dove venivano stigmatizzati i particolarismi, le piccole invidie, il corporativismo miope che impedivano alla produzione dell’alabastro e alle aziende del settore di diventare più forti e concorrenziali sul mercato. In poche parole, l’ironico cronista auspicava l’avvento di uno stile diverso, innovativo, che, correggendo gli errori del passato, permettesse, agli alabastrai, di affrontare, in modo positivo, le cicliche difficoltà di vendita del prodotto (la crisi del ‘29 era imminente) e lo mettesse in condizione, attraverso la collaborazione di tutti i produttori, di avere prezzi più competitivi e per poter conquistare maggiori quote di mercato nell’esportazione. Poi, la “confessione” rivolta ai lettori. In corsivo, al termine dell’articolo, l’autore stesso rivelava che, quella che avrebbe potuto essere scambiata da tutti per un’analisi critica e originale, era, in realtà, il plagio di un articolo pubblicato sulla rivista «Volterra» nel 1877, ovvero 55 anni prima. Non a caso il pezzo di Uno zinzall ro., terminava con un ironico “ne riparleremo” nel 1987. Ecco, la data quasi orwelliana, è passata da ventinove anni, ma le riflessioni restano di grande attualità, sia per il settore dell’alabastro sia per la mentalità degli italiani che, troppo spesso, non unisce l’intelligenza progettuale alla velocità di esecuzione.