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Lupi e predazioni, Coldiretti chiede tutele

L'associazione degli agricoltori fa il punto sugli allevamenti da carne e la minaccia dei predatori. Filippi: "Difendere gli animali e le stalle"

Un lupo

Gli allevamenti ovicaprini da carne, in Provincia di Pisa, sono in crisi. Lo spiega la Coldiretti, che sulla base dei dati del Sistema Informativo Veterinario Nazionale rileva come una stalla su due sia stata costretta a chiudere a causa delle predazioni. Quelle rimaste sono 150, principalmente concentrate nelle campagna di Volterra, Pomarance e della Valdicecina, mentre dodici anni fa erano 270.

Nell’ultimo assalto, avvenuto negli scorsi giorni nei pascoli del Mazzolla, tra Siena e Volterra, i predatori hanno ucciso 19 pecore e ferite altre dieci.

"I numeri diffusi recentemente confermano che il lupo ormai non è più in pericolo. A rischio estinzione ora ci sono gli allevamenti, che le leggi nazionali non tutelano affatto - ha spiegato Fabrizio Filippi, presidente Coldiretti Pisa - serve un serio impegno delle istituzioni per arrivare alla definizione di un Piano nazionale che guardi a quello che hanno fatto altri Paesi come Francia e Svizzera per la difesa dal lupo degli agricoltori e degli animali allevati".

"Il rischio vero oggi è la scomparsa della presenza dell’uomo delle montagne e delle aree interne per l’abbandono di tantissime famiglie - ha aggiunto - ma anche di tanti giovani che faticosamente sono tornati per ripristinare la biodiversità perduta con il recupero delle storiche razze italiane di mucche, capre e pecore".

Secondo il rapporto elaborato dall'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, sono 3.300 esemplari di cui quasi 2.400 nelle Regioni della zona peninsulare, con una probabilità di presenza molto elevata in Toscana, dove ha colonizzato quasi la totalità degli ambienti idonei. 

"Ci troviamo ad affrontare un fenomeno nuovo, che è quello della proliferazione di veri e propri ibridi che sono i principali colpevoli delle razzie - ha concluso - c’è scoramento e delusione: gli allevatori non denunciano nemmeno più. La dimensione dell’emergenza è molto superiore rispetto alle denunce e agli indennizzi concessi per le predazioni".