Attualità

Storie intorno al fuoco

Nella campagna volterrana, gli aedi contadini raccontavano di streghe e di fate, di fantasmi e di cavalieri

In molte lingue, esiste una parola, legata al campo semantico del linguaggio, che ha attinenza con il fuoco, con la scoperta dell’uso della fiamma che avrebbe interrotto anche le tenebre della mente. In italiano, per esempio, i termini favola e favellare derivano dalla stessa radice sanscrita che significa fuoco. Ciò che si è immaginato rispetto a questa prima grande rivoluzione, il mito di Prometeo, racconta, infatti, la nascita della comunicazione come conseguenza dei benefici, alimentari e sanitari, della prima grande scoperta dell’umanità. Nel corso dei millenni l’uomo si è raccolto attorno al camino per godere del tepore e per raccontare storie. Le veglie, attorno al focolare, nella campagna volterrana, sono state, per molto tempo, occasione di cultura e di invenzione fantastica. Le fiabe, gli incubi, i terrori, i desideri di veder trionfare la giustizia sono nati e si sono esorcizzati proprio lì, attraverso le narrazioni degli aedi del mondo contadino. Nei casali volterrani, dopo la cena, tutti si riunivano vicino al ceppo scoppiettante per ascoltare racconti che parlavano di streghe terribili e di fate benigne, di morti inconsolabili costretti a rimanere ancora nel mondo dei vivi e a interagire con loro, storie di antichi cavalieri senza macchia e senza paura, di fatti miracolosi registrati in luoghi vicini. Così, la campagna circostante, complice il buio, finiva per perdere la connotazione prosaica del quotidiano e per acquisire tutti i caratteri nei quali si incarnano l’insicurezza e l’angoscia dell’uomo. Il vento, i rumori dell’esterno, i versi degli animali notturni contribuivano ad aumentare il fascino delle parole del grande affabulatore e la paura dei piccoli, e dei grandi, ascoltatori.

Queste forme di intrattenimento serale anticipavano il ruolo che, negli anni Sessanta, sarebbe stato occupato dall’avvento delle televisioni e riflettevano, senza filtri e con realismo, il tessuto sociale e culturale delle realtà regionali della nazione. Per questi motivi, molti scrittori, soprattutto nell’Ottocento, il secolo in cui si è scoperta la centralità del popolo e l’importanza delle sue usanze, hanno raccolto e dato dignità scritta a questa tradizione orale, studiando anche adeguatamente le forme teatrali che, in Toscana, erano i Maggi e i Bruscelli.