Cultura

Ariosto cita i volterrani

Nell’Orlando Furioso il poeta ricorda Tommaso Inghirami e Mario Maffei, conosciuti rispettivamente come Fedra o Fedro e il Volterrano

Ludovico Ariosto

Fatti documentati ed episodi fantastici, figure storiche e personaggi magici, luoghi reali e ambienti immaginari, legame con la tradizione letteraria e sperimentalismo avanguardistico. Nell’universo ariostesco, coesistono, in perfetto equilibrio, elementi contrastanti ed eterogenei che, nonostante gli intrecci dedalici, danno vita a un’opera perfettamente organica e armonica e contribuiscono a rendere il poema un caposaldo della nostra cultura.

L’attenzione alla lingua e allo stile contribuiscono alla grandezza del lavoro, costruito su figure in continuo movimento e in viaggio attraverso lo spazio, il tempo e la loro interiorità. Dall’unione labirintica tra storiografia e speculazione fantasiosa nascono, così, particolari forme di convivenze narrative. Coppie di fatto ante litteram che, come quella di Orlando e Angelica, hanno dato vita a amori letterari secolari e indissolubili, anche se travagliati e spesso a senso unico.

Difficile, però, pensare che, assieme a Rinaldo, Carlo Magno e Astolfo, nella galleria dei personaggi dell’Orlando Furioso, potessero essere citati anche due volterrani.

Nell’ultimo canto, presente nell’edizione del 1532, del poema cavalleresco, infatti, il poeta ricorda Tommaso Inghirami e Mario Maffei, conosciuti rispettivamente come Fedra o Fedro e il Volterrano: “Ecco Alessandro il mio Signor Farnese:/ oh dotta compagnia che seco mena!/ Fedro, Capella, Porzio, il bolognese/ Filippo, il Volterano, il Madalena./ Blosio, Pierio, il Vida cremonese/ d’alta facondia inessicabil vena,/ E Lascari e Mussurro e Navagero/ E Andrea Morone e il monaco Severo.” In questi versi della XIII ottava del XLVI canto, Ariosto elenca gli intellettuali più importanti del suo tempo. Tra questi anche i due studiosi volterrani, raffinati per formazione e complessità.