Cultura

Giocando a dadi con gli Etruschi

Undici esemplari in avorio, appartenuti all’antico popolo, sono conservati in una vetrina del Museo Etrusco Guarnacci di Volterra

Dadi etruschi esposti al Museo Guarnacci di Volterra

Alea iacta est”, “Il dado è tratto” e la decisione, in modo irrevocabile, è stata presa. La locuzione latina riflette l’abitudine, tipicamente romana, di affidare il proprio destino alla sorte dei piccoli giochi cubici. Conosciuti oggi come forma di svago, i dadi hanno origini molto antiche e una storia in cui si intrecciano interesse per la sorte e desiderio di divinazione.

Presenti tra le civiltà Maya, Egizia e Azteca erano utilizzati anche in epoca etrusca sia come divertimento sia come strumenti di carattere magico rituale per decretare la sorte.

Ritrovamenti archeologici hanno, infatti, confermato come l’antico popolo ne realizzasse in osso e in avorio e come fossero un elemento importante nella loro quotidianità. Rinvenuti anche a Volterra, undici di questi esemplari sono conservati/custoditi nel Museo Etrusco Guarnacci. Come quelli moderni, sulle sei facce, sono incisi i punti che ne indicano i numeri.

Attorno alla loro invenzione sono state formulate diverse ipotesi. Anche Erodoto propose una sua versione. In un mito, racconta, infatti, che i Lidi, per far cessare una carestia, avrebbero ideato alcune attività ludiche tra cui anche quella dei dadi. Una forma di svago che permetteva di non pensare al cibo, favorendo così il superamento della fame. Un piccolo oggetto che racchiude in sé il potere di unire distrazione salvifica, calcolo e strategia di gioco.