Cultura

Gli antichi gnomi volterrani

L’abbigliamento dei bambini etruschi sembra anticipare quello dei folletti. Cappelli a punta e stivaletti ricordano gli spiriti dei boschi

Come gnomi spuntati da un racconto dei fratelli Grimm, le bambine etrusche popolavano le vie dell’antica Velathri. Infatti, con scarpe alte e cappello a punta potevano essere quasi scambiate per piccoli abitanti dei boschi. Difficile immaginare che le antenate dei volterrani potessero avere le sembianze delle creature fiabesche protagoniste dei miti nordici? Qualche titubanza è più che giustificata, ma non del tutto, alcune analogie nel look sono, infatti, evidenti.

Il berretto frigio, che si trova in alcune patere etrusche, era legato a numerosi riti antichi e organico a richiami simbolici ed esoterici. Nato, in Persia, era legato al culto di Mitra e della divinità anatolica Attis.

Nella Roma antica, veniva donato dal padrone agli schiavi liberati (i liberti) e, proprio con quel “cappuccio” in testa, gli aruspici erano soliti divinare. Utilizzato in Grecia, si ritrova anche nella tradizione del nord Europa. Ha attinenza, infatti, con il cappello delle fate, denominato hennin. Il copricapo è, quindi, uno dei numerosi elementi che si diffondono in tutta la realtà storica dell’antichità. Non a caso, Socrate sosteneva che «viviamo intorno a un mare come rane attorno a uno stagno.

La moda etrusca per l’infanzia prevedeva, per le bambine una sottoveste con sopra una tunica, fissata da fibule, coperta da una mantella bianca; per i maschietti, invece, una tunica, simile a quella per adulti, con un giubbetto corto e aderente e sopra un mantello senza maniche.

Quelli spiritelli silvani è facile immaginarli mentre si aggiravano per le strade della lucumonia volterrana con la stessa agilità e spensieratezza di una divinità boschiva.