Cultura

Se García Lorca avesse pensato a Volterra...

Il poeta spagnolo nella lirica L'ombra della mia anima sembra alludere alla celebre statuetta bronzea di origine etrusca simbolo della città

Federico Garcia Lorca

La poesia ha il potere di trasportare i suoi lettori su universi paralleli, in quei luoghi dove non esistono limiti e dove, con la fantasia, tutto diventa possibile. Ed è in questo mondo dominato dall’immaginazione che la suggestione lirica si concretizza.

Scritta nel dicembre 1919 a Madrid, L'ombra della mia anima rievoca le atmosfere di Volterra. Nessuna conferma biografica o riscontro filologico e scientifico, soltanto impressioni derivanti dal viaggio nei versi.

Il componimento di Federico García Lorca, infatti, sembra richiamare gli elementi simbolici per antonomasia della città etrusca: l’alabastro e l’Ombra della Sera. La statuetta bronzea, seppur non citata esplicitamente, sembra invocata dal distico iniziale, in cui l’ombra-spirito dell’anima è connessa al termine tramonto, suggerendo l’idea della proiezione di un corpo sul far della sera. Il poeta spagnolo allude poi a un “alabastro di spirito” e, attraverso il riferimento a un labirinto oscuro (i vicoli dedalici del centro città e il piccolo agglomerato denominato Laberinti), torna a parlare di ombra dell’anima. Difficile sottrarsi al fascino di questo cammino lirico che conduce a Volterra.

“L'ombra della mia anima/fugge in un tramonto di alfabeti,/nebbia di libri e di parole/L'ombra della mia anima!/Sono giunto alla linea dove ha termine/la nostalgia,/la goccia di pianto si muta/in alabastro di spirito./(L'ombra della mia anima!)/Il nodo, del dolore/si scioglie,/ma resta la ragione e la sostanza/del mio vecchio mezzogiorno di labbra/del mio vecchio mezzogiorno/di sguardi./Un labirinto oscuro/di stelle affumicate/confonde il mio sogno/che è come illanguidito./L'ombra della mia anima!/E un'allucinazione/dispone gli sguardi./Vedo dissolversi/la parola amore./Usignolo mio!/Usignolo!/Ancora canti?”