Cultura

Gli alabastrai come talent scout

Nelle botteghe artigianali si esibivano giovani promesse della lirica che venivano poi giudicati, per le loro doti canore, da severi uditori

Le botteghe alabastrine fanno parte del tessuto produttivo, economico e identitario di Volterra. Oltre a svolgere un ruolo centrale nelle dinamiche economiche della città, durante il XX secolo, hanno rappresentato un punto di riferimento fondamentale per la formazione di coscienze e di spiriti liberi. Dibattiti politici, discussioni sull’attualità e sulla religione si svolgevano quotidianamente durante l’orario di lavoro. I laboratori, tra le diverse funzioni, assunsero anche il ruolo di coltivare le doti canore di molti giovani, come se dovessero prepararli per i conservatori musicali. Gli artigiani volterrani erano, infatti, raffinati ed esperti melomani. Nei loro laboratori le opere liriche facevano spesso da sottofondo musicale. È in questo contesto che, spesso, accoglievano giovani talenti che si si esercitavano, così, davanti a un pubblico attento e critico. L’orecchio esercitato degli artigiani, infatti, costituiva quasi il banco di prova per chi avrebbe raggiunto successi e fama internazionali. Anche durante le rappresentazioni al Teatro Persio Flacco, numerosi cantanti, guardavano con grande attenzione verso il loggione (in gergo chiamato “palcaccia”), posto generalmente occupato dagli alabastrai. E proprio in base alle loro reazioni era possibile vaticinare il successo della compagnia. Le botteghe alabastrine, oltre a essere studi d’arte, erano anche fucine di idee, di cultura e, in particolare, luoghi in cui veniva valorizzata la qualità della tradizione melodrammatica.