Cultura

I profumi degli etruschi

Tra i primi importatori in Italia delle essenze orientali, i Rasenna amavano utilizzare fragranze particolari che assumevano anche una valenza religiosa

Reso celebre dalle due gocce di Chanel n. 5 indossate da Marilyn Monroe prima di andare a dormire, l’eau de parfum da sempre è sinonimo di seduzione e fascino. Aspetto che non passò inosservato neppure agli Etruschi. Attenti all’estetica e alla bellezza del corpo, infatti, curavano ciascun dettaglio legato alla cosmesi. E così, tra trucchi e creme, non potevano mancare anche unguenti e profumi. Al punto che, la tradizione individua nei Rasenna i primi importatori italiani. Ipotesi non confermata che, però, sottolinea come la diffusione delle essenze orientali fosse estremamente radicata. Il suo utilizzo, infatti, oltre a coinvolgere la sfera personale, legata alle sue funzioni igienizzanti e terapeutiche, riguardava anche i rituali funebri. Diffuso nell’aria durante le pratiche di sepoltura, veniva lasciato, in appositi contenitori, nelle tombe come elemento del corredo del defunto sia per la sua utilità sia perché considerato indice del benessere economico della famiglia.

Al tempo, infatti, il profumo era considerato uno status symbol e seguiva le mode del momento. Se nel VII secolo a.C., le fragranze più richieste erano cannella, zafferano, mirra, e gli estratti dalle piante nardo, aloe e cipro, duecento anni dopo, subentrarono la noce moscata, il sandalo, il muschio, costus e benzoino. Tra il mirto, il pino e la ginestra, però, l’”eau de toilette” più ambita era l’ambra grigia. Nel IV secolo a.C., infatti, le flotte di Alessandro Magno diffusero, nei paesi del Mediterraneo, questa essenza estremamente desiderata e costosa.

L’utilizzo di aromi con un’azione terapeutica, rese, in alcuni casi, i profumi simili a veri e propri farmaci, arricchendo con una connotazione sacra elementi legati alle pratiche quotidiane.