Cultura

Le diverse identità del sanguinaccio etrusco

Diffuso in diverse varianti su tutto il territorio italiano, l’insaccato, a base di maiale e sangue, era conosciuto già dai Rasenna

Un rapporto complesso e particolare è quello che lega il sanguinaccio al suo nome. Chiamato così per gli elementi che lo compongono, l’insaccato, realizzato con le interiora e il sangue di maiale, rischia di essere confuso con il dolce suo omonimo tipico del sud Italia.

Scampato questo primo pericolo onomastico, incappa, però, in ulteriori difficoltà identitarie.

Diffuso, infatti, in tutto il tessuto gastronomico nazionale, presenta caratteristiche diverse a seconda delle regioni in cui è preparato. Alla varietà di tecniche e ingredienti utilizzati, corrispondono altrettanti appellativi.

Se in Val d’Aosta è conosciuto come boudin, in Friuli sanganèl e in Liguria berodo, è, invece, noto come sangiari in Calabria, lu sagunaz in Puglia e sangeli in Sicilia. Per poi avere una versione gemellare in Toscana con il biroldo e il mallegato. Situazione familiare, quindi, complessa, soprattutto se analizzata anche in relazione ai legami con i cugini europei. Dalla morcela portoghese alla morcilla spagnola, dal black pudding inglese al il blutwurst tedesco, le “somiglianze fisiche” sono evidenti e indiscutibili. Così, tra “tratti somatici comuni” e “soprannomi” locali, l’unica prova inconfutabile il legame, non a caso, di sangue che fa risalire le sue origini agli Etruschi. Da un “esame gastronomico del dna”, infatti, risulta che il salume faceva parte delle abitudini culinarie dell’antico popolo. Come a testimoniare che, buon sangue non mente, anche quando si tratta di cibo.