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Attualità lunedì 21 novembre 2016 ore 10:14

La scomparsa delle vinerie

Sul colle aumentano ristoranti ed enoteche, ma gli antesignani dei wine bar non ci sono più e con loro "i Terricciola", "i Chianni" o "i Montescudaio"



VOLTERRA — Con il trascorrere del tempo, le città, grandi e piccole, cambiano volto, si trasformano. Scompaiono molti punti di riferimento e di aggregazione che, invece, rimangono indelebili nella memoria di chi li ha frequentati perché intramontabili. Oggi, a Volterra, sono cresciuti i luoghi di ritrovo, i bar, le gelaterie e i ristoranti ed enoteche in cui è possibile degustare vini e assaggiare prodotti tipici del territorio. Sono scomparse, però, le vinerie che, nel centro storico e nelle borgate, erano, fino agli anni Sessanta, frequentatissime da cittadini di ogni estrazione sociale e professionale.

Gli interni dei locali erano spartani: un bancone occupato dal proprietario intanto a distribuire i tradizionali bicchieri chiamati ‘riparelle’ e qualche raro liquore. I tavoli erano in legno, con i piani in marmo, che testimoniavano il proprio vissuto, presentando tracce indelebile di archeologia enologica. Gli avventori, generalmente, univano la degustazione a interminabili partite a briscola e tre sette. Storiche e ben consolidate coppie di giocatori si sfidavano fino a notte fonda o fino all’ora della cena.

La classificazione del “nettare di Bacco” comprendeva le due macro-categorie ‘bianco’ e ‘rosso’ (spesso definito ‘nero’) e l’unico riferimento distintivo, tra bevande delle stesso genere, era la località di provenienza: i Terricciola, i Chianni, Montescudaio o Castellina.

Le luci fioche e la coltre di fumo che permeavano le stanze contribuivano a creare un’atmosfera luciferina, caratterizzata da affermazioni categoriche di valenza politica e da battute tipiche dell’umorismo toscano.

Tra i locali più frequentati c’erano: La Punta a Santo Stefano, da Dania a Sant’Alessandro e, in via Giusto Turazza, Maccarano. Quest’ultimo esibiva, appesa alla parete, una targa rimasta proverbiale e seguita alla lettera da molti avventori: “Chi vuole avere il fegato sano/beva il vino di Maccarano”.

Viola Luti
© Riproduzione riservata


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