Interviste venerdì 03 ottobre 2014 ore 16:58
Mazzinghi, storie di pugni, canzoni e libri
76 anni passati tra il ring, il jet set degli anni '60 e la Valdera. Intervista con il campione nel giorno del suo compleanno
PONTEDERA — Sandro Mazzinghi, campione del mondo dei pesi medi negli anni '60, ha compiuto 76 anni oggi, giovedì 3 ottobre. Per il suo compleanno ha voluto regalare a QUInews Valdera qualche battuta sulla sua vita e sulla boxe.
Una storia lunga 76 anni cominciata a Pontedera e poi continuata "sul tetto del mondo". Mazzinghi di aneddoti da raccontare ne ha molti, dal ring all'esperienza di cantante e scrittore, sempre legato alle sue origini pontederesi. Poi gli amici, tra cui Marcello Mastroianni e Walter Chiari e la storica rivalità con Benvenuti.
Com'è
la vita di un campione a 76 anni?
"Assolutamente
normale, sono un uomo tranquillo. Il successo è arrivato dopo anni di sacrifici, ma sono sempre stato con i piedi per terra e forse
è proprio per questo che oggi ho ancora l’affetto di molte
persone".
Com'è
cambiata la boxe dagli anni anni '60 a oggi?
"C’è
un abisso di differenza, in quegli anni era una boxe dove noi
pugili non ci risparmiavamo nel tirare colpi al bersaglio, con
il tronco sempre in movimento,
schivando di destro per far partire il sinistro e viceversa. Nella
boxe di oggi c’è molta scherma
non si portano più i colpi sotto, per questo è meno spettacolare".
La
boxe, fino agli anni '80, era uno sport popolare, al pari di
calcio o ciclismo. Perché oggi ha pochi seguaci?
"I tempi
sono cambiati, le palestre non sono più gremite di ragazzi che
vogliono sacrificarsi, diciamo pure che si cerca molto spesso il
successo facile, quando ho iniziato io nulla era facile".
Lei
non pratica più il pugilato da circa 35 anni, cosa le manca di più?
"Si vive
di ricordi di un tempo glorioso, ma io ho sempre guardato avanti e
devo dire che quando ho lasciato la boxe mi si è aperta un'altra
vita, quella della famiglia ed è stato come tornare ad essere
campione".
Qual è
il consiglio che dà ai giovani pugili quando le chiedono come
costruire una carriera?
"Di
essere sempre leali con se stessi e con il proprio avversario
perché è proprio con queste doti che si può diventare anche
campioni".
Cosa
si prova a colpire forte il volto, la mascella, gli occhi di una
persona?
"Naturalmente
fa male ma noi pugili molte volte non sentiamo il dolore,
siamo talmente concentrati sul bersaglio che tutta l’adrenalina che
abbiamo dentro moltissime volte non ci fa sentire nemmeno le urla
della folla".
E
quali sono invece le sensazioni quando si riceve il colpo?
"Quando si
riceve un colpo specie se sono le prime riprese e non sei ancora al
massimo regime devo dire che è abbastanza dura, se si prende un
montante destro o sinistro al mento il dolore è tremendo e non ti
rendi conto che sei già al tappeto".
(da notare come Mazzinghi risponda al presente, ndr)
A
volte si vedono pugili con gli occhi semichiusi dai tanti colpi
ricevuti. Qual è l'energia segreta che permette di non mollare in
quei momenti?
"La grande
preparazione atletica, l’orgoglio, la voglia di farcela anche in
situazioni drammatiche, a me è capitato molte volte, ma il mio
orgoglio, la tenacia, la mia forza fisica mi hanno permesso di
superare situazioni difficilissime, ma ne è valsa sempre la pena".
Ha
avuto molti amici famosi, chi ricorda con maggior affetto? Qualche
aneddoto?
"E' vero,
ho avuto molti amici Paolo Panelli, Maurizio Arena, Marcello
Mastroianni, Renato Rascel un piccolo grande uomo oserei definirlo.
Ma con maggior affetto ricordo sempre il grande Walter Chiari. Veniva
sempre a vedermi, era un grande appassionato di pugilato, un giorno
era a Cinecittà per le riprese di un film, io combattevo all’Eur
contro il francese Joe Gonzales per il titolo d’Europa. Walter
lasciò il set per venirmi a vedere e dopo il match che vinsi alla
quarta ripresa per ko, andammo insieme a festeggiare in un ristorante
romano. Walter era un grande uomo molto buono e generoso, lo ricordo
sempre con grande affetto".
Adesso
vive in campagna. Quando viene in città, quali posti o chi
frequenta?
"Quando
vengo a Pontedera faccio un salto a salutare i miei amici di sempre,
passo a trovare il mio barbiere di sempre Carlo, in piazza del Duomo,
oppure passo a trovare i miei figli che hanno un negozio di ottica
sul Piazzone. Devo dire che Pontedera a differenza di altre cittadine
che ho visitato è ancora un centro molto vivibile, anche se
preferisco la campagna".
Qual
era il legame con Pontedera ai tempi in cui era campione del mondo?
Era più famoso della Vespa?
"Il legame
è sempre stato forte, sono nato a Pontedera, sono partito da
Pontedera per molti paesi nel mondo, sono sempre ritornato vittorioso
e non mi sono mai dimenticato da dove venivo. Non voglio peccare di
presunzione ma a quei tempi la mia popolarità era a grandi livelli
anche oltre oceano, dove c'erano le Harley Davidson e la Vespa non
era ancora arrivata..."
Pugili
di oggi. Che ne pensa dei fratelli Klitshko? Li conosce?
"Non li
conosco personalmente ma sono dei grandi pugili, ho visto molti loro
match e combattono con grande determinazione, quella che manca ai
nostri ragazzi".
E
Tyson?
"Tyson è
stato Il campione dei pesi massimi, un pugno micidiale, una forza
direi quasi bruta, di una pericolosità estrema specie nelle prime
due, tre riprese. L’ho conosciuto a Milano molti anni fa e mi
confessò che agli inizi della sua carriera nella rosa dei suoi
preferiti da Joe Louis a Sugar Ray Robinson c’ero anche io perché
gli piaceva il mio movimento del tronco quando attaccavo
l’avversario. Fu un bel complimento".
Il suo
grande rivale fu Benvenuti. Qual era il rapporto durante gli anni
d'oro della vostra carriera?
"L’Italia
negli anni '60 ha avuto due grandi pugili, io e Benvenuti. La penisola era divisa in mazzinghiani e benvenutiani e fu questa grande rivalità
a far fare milioni e milioni di lire agli sponsor, agli
organizzatori, ai giornali, i quali ci contrapponevano sempre l’uno
contro l’altro. Questo diciamo che ha giovato molto al mondo della
boxe per un decennio. Tuttavia, anche se
noi siamo sempre stati rivali con la R maiuscola, ci siamo sempre
rispettati, adesso però sono anni che non ci vediamo".
Quindi
c'era qualche giornalista che cercava di mettervi volutamente contro?
"Certamente,
altrimenti come facevano a vendere le copie del giornale? La cronaca
sportiva era molto seguita e alcuni giornali per tirare su copie si
inventavano di tutto, addirittura scrivevano articoli su articoli su
offese mai fatte tra di noi… oggi mi vien da ridere a
ripensarci".
Qual
erano i suoi colpi migliori?
"Gancio
destro e montante sinistro e poi lavorare al corpo, con questi colpi
riuscivo quasi sempre a mettere ko i miei avversari".
E
quali quelli che soffriva di più?
"Stavo
sempre con la guardia alta perché cercavo di ripararmi il viso
perché ero di ferita facile".
Qual è
il suo legame con la Valdera?
"La
conosco tutta, da cima a fondo. Sono ancora dei bei posti e si
respira ancora la buona aria, poi in trenta minuti siamo al mare, in
45 minuti si arriva in Garfagnana, meglio di cosi?"
Come
si passa dalla carriera di pugile a quella di cantante e scrittore?
"Beh
diciamo che la parentesi canora arrivò in un momento di massima
popolarità. Scrissi due brani Almeno in sogno e Fuoco
spento. Furono ascoltati alla RIFI di Milano e dal maestro
Gianfranco Intra i quali entusiasti mi proposero di incidere il mio
primo disco e fare una tournèe in tutti i palazzi dello Sport italiani, come ospite dell’allora famosissimo cantante Salvatore
Adamo, idolo dei giovani. A quel tempo per me fu una grande novità,
andò molto bene riscuotendo molto gradimento da parte del pubblico. Per
quanto riguarda la parentesi editoriale avevo avuto molte proposte da
varie case editrici, così dopo 20 anni dal mio addio alla boxe
decisi di scrivere la biografia Pugni amari. Il libro andò
bene e quando uscì ne furono vendute diverse migliaia di copie anche
grazie a Maurizio Costanzo che mi ospitò varie volte nel suo show.
Il secondo libro l'ho scritto qualche anno fa s'intitola Sul tetto
del mondo - Diario di un pugile nei suoi ricordi. E' un diario
che tenevo all’epoca delle mie conquiste e che dopo anni ritrovai
in soffitta e ci venne l’idea di farlo diventare un libro.
Ma vi
confesso che il mio sogno è un film sulla mia vita, la vita di un
bambino nato molto povero e che da solo ha inseguito l'utopia di
arrivare ad essere un uomo sul tetto del mondo. Spero riuscire a
realizzare questo film".
C’è
anche una statua, di fronte alle piscine, in omaggio a Mazzinghi. Ne
esistono altre in Italia?
"No, ma
sono uno dei pochi che ha una statua raffigurante se stesso essendo
ancora in vita e questo mi fa molto piacere perché le soddisfazioni
vanno assaporate quando sei ancora in gamba e non dopo. Un saluto a
tutti gli amici di QUInews Valdera".
René Pierotti
© Riproduzione riservata
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