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martedì 19 marzo 2024

NEURONEWS — il Blog di Alberto Arturo Vergani

Alberto Arturo Vergani

Dopo la laurea in scienze cognitive a Milano e il dottorato in informatica e matematica a Varese, vince una posizione a Londra finanziata dal progetto europeo The Human Brain Project (HBP) e poi a Marsiglia, finanziata dall’agenzia nazionale della ricerca francese (ANR Horizontal- V1). Attualmente è ricercatore in neuroscienze presso il laboratorio di Neuroingegneria Computazionale dell'Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Tra i suoi temi di ricerca ci sono le patologie neurodegenerative (Alzheimer e Parkinson) e i disordini del neurosviluppo (autismo), che studia mediante le metodologie proprie del calcolo scientifico: simulazione, modellizzazione e analisi avanzata di segnali biologici.

Ippocampi alla Escher

di Alberto Arturo Vergani - lunedì 23 gennaio 2023 ore 09:00

L’esperienza che abbiamo dello spazio ci convince che le distanze vicine siano come le distanze lontane. In geometria queste tipologie di rappresentazioni sono definite lineari, o euclidee, in onore del matematico greco Euclide che per primo le descrisse.

In realtà, questa considerazione è possibile solo in prima approssimazione. Infatti, già nel Rinascimento, l’architetto fiorentino Brunelleschi ideò la prospettiva lineare, una tecnica grafica che raffigura con una più psicologica proporzione gli oggetti lontani come piccoli e gli oggetti vicini come grandi.

La geometria, però, nel corso della storia si è sviluppata ulteriormente, aggiungendo alla forma spaziale lineare quella “non lineare”, specializzandola poi in alcuni sottotipi. Una delle più note è la geometria iperbolica, studiata nel XIX secolo da scienziati come Lobachevsky, Bolyai, Riemann e Poincaré. Quest’ultimo, fisico francese, ideò una rappresentazione grafica chiamata “disco tassellato”, che divenne di profonda ispirazione per numerosi artisti visivi.

Uno fra tutti fu l'olandese Escher, che nel 1959 disegnò un banco di pesci in movimento aventi però dimensioni differenti: al centro della figura hanno una maggiore grandezza, e, nella misura in cui si allontanano dalla posizione centrale, i pesci diventano sempre più piccoli. L'opera è intitolata "Circle Limit III" (vedi immagine).

Cosa c’entra Escher, e più in generale la geometria iperbolica, con il cervello?

Ebbene, un gruppo di ricercatori del Salk Institute for Biological Studies in California, guidati dalla neuroscienziata Tatyana Sharpee, hanno fatto un’importante scoperta nei neuroni dell’ippocampo di topo, una struttura cerebrale - presente in entrambi gli emisferi - che ci permette di memorizzare e di navigare nello spazio. Le cellule che hanno studiato sono specifiche per la localizzazione del corpo all’interno di un ambiente, infatti vengono chiamate più comunemente in inglese “place cells”, che tradotto significa che sono cellule selettive per porzioni specifiche dello spazio occupato.

La scoperta del gruppo californiano riguarda il modo in cui questi specifici neuroni mappano l’ambiente che ci circonda, e cioè adottando una geometria iperbolica: la mappa spaziale nell’ippocampo è più precisa per piccole distanze e più sgranata per maggiori distanze; si aggiorna dinamicamente con il movimento, e la sua precisione nel breve raggio aumenta con la permanenza.

Quindi, i neuroni spaziali dell’ippocampo sono come una lente di ingrandimento speciale, che magnifica la zona più vicina al corpo e sfuma sempre più le porzioni lontane. In altre parole, è come se fossimo costantemente al centro di un immaginario “Circle Limit III” di Escher, e la risoluzione dello spazio circostante seguisse le grandezze dei pesci.

In termini evolutivi, un sistema nervoso dotato di proprietà spaziali iperboliche ha dei vantaggi pratici: i) aumenta la capacità di elaborazione di stimoli esclusivamente prossimi al corpo, ii) ne migliora la loro manipolazione, iii) evita sprechi delle risorse attentive verso oggetti lontani, che potrebbero distrarre o sovraccaricare la memoria.

In anticipo con i tempi, Escher ci ha mostrato un esempio mediante dei pesci in movimento di come l’ippocampo rappresenta l'ambiente, e, per un gioco del destino, ne fu un suggeritore involontario: infatti, la parola ippocampo, nella sua etimologia greca, era già associata ad un contesto acquatico perché significa “cavalluccio marino”. Questa nomenclatura vige dalla forma che la struttura cerebrale possiede, in quanto assomiglia ad un piccolo cavallo di mare.

Alberto Arturo Vergani

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Riferimenti

● Zhang, H., Rich, P.D., Lee, A.K. et al. Hippocampal spatial representations exhibit a hyperbolic geometry that expands with experience. Nat Neurosci 26, 131–139 (2023). https://doi.org/10.1038/s41593-022-01212-4

Alberto Arturo Vergani

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