Interviste martedì 09 settembre 2014 ore 07:05
Scienza: riprodurre il senso del tatto con i robot

Uno degli ingegneri della mano artificiale è Matteo Bianchi originario di Larderello dove ha ricevuto insieme a Francesco Guccini il Premio della Pro Loco
POMARANCE — Uno
degli ingegneri della mano artificiale è Matteo Bianchi di 32 anni,
originario di Larderello, dove è cresciuto e dove vivono i suoi
amici e la sua famiglia. Proprio quel piccolo villaggio geotermico,
famoso in tutto il mondo per i suoi soffioni, ha voluto dare a Matteo
un riconoscimento importante per la sua attività scientifica
nell'ambito della robotica applicata alla
medicina con il Premio Larderello, che Bianchi ha ricevuto il 6 settembre insieme a
Francesco Guccini.
Matteo,
il ragazzo della porta accanto che ha fatto conoscere in Val di
Cecina l'aptica, la scienza del senso del tatto, si è laureato a
Pisa nel 2007 in ingegneria biomedica con il massimo dei voti. Nel
2012 ha conseguito un dottorato di ricerca in robotica, automazione e
bioingegneria sempre presso l'Università degli studi di Pisa con il
professor Bicchi col quale ancora lavora a progetti importanti. Il
dottorato lo ha portato anche a Baltimora, negli Usa, al laboratorio
di robotica della Johns Hopkins University.
Ingegner
Bianchi, quali sono attualmente i progetti che stai seguendo?
"Al Dipartimento di robotica avanzata dell'Istituto italiano di
tecnologia di Genova mi occupo di aptica e robotica; inoltre lavoro
in un team per lo sviluppo della protesi nella rehab facility
dell'istituto, in progetti in collaborazione con INAIL e Mayo Clinic.
Collaboro con il Centro di ricerche Piaggio, un centro importante
dell'Università degli studi di Pisa dove lavorano team di varie
discipline che partecipano a progetti europei".
In
particolare, in cosa consiste il tuo lavoro e cos'è l'aptica?
"Per
dirla in parole abbastanza semplici, mi occupo di mani robotiche e,
appunto, di aptica. L'aptica è il senso del tatto: cerchiamo di
restituire le sensazioni tattili tramite dei dispositivi robotici, un
ambito complesso che raccoglie diverse applicazioni. Il tatto è un
senso ancestrale, che nasce nell'embrione, è uno dei primi a
formarsi e le sensazioni restituite attraverso esso sono più
dirette: comunicano informazioni non solo percettive, ma anche
emozionali. Pensiamo solo alla carezza di una mamma ad un bambino.
Adesso stiamo lavorando a degli stimoli che possono dare delle
risposte emotive da usare anche in pazienti con disturbi neurologici
e disordini di coscienza. Il tatto ha applicazioni potenzialmente
infinite come veicolo percettivo ed emozionale.
Per
quanto riguarda la mano robotica, si tratta di un lavoro su un prototipo che
speriamo diventi una protesi a basso costo, più facile da utilizzare
e maggiormente funzionale. Io mi occupo di restituire il tatto a
quella mano, che potrebbe essere usata su larga scala".
Un
percorso di ricerca singolare che ti ha portato anche negli Stati Uniti: di cosa ti
occupavi?
"Sono
stato a Batimora durante il periodo di dottorato e lavoravamo sulla
robotica per gli interventi chirurgici. Adesso ci sono dei robot che
permettono al chirurgo di entrare all'interno del corpo umano e fare
operazioni anche delicate, ma ad oggi il problema è che il chirurgo
quando opera non ha il senso del tatto vero e proprio e noi stiamo
lavorando per fare in modo che il chirurgo possa sentire attraverso
il robot. Oggi con le telecamere, chi opera vede cosa sta
facendo, ma non sa cosa sta toccando: grazie a questi nuovi dispositivi ai
quali ho lavorato in America il chirurgo potrà sentire e palpare
gli organi interni".
Ci sono altri progetti futuri?
"C'è
un progetto sull'aptica e la non vedenza che speriamo partirà nei
prossimi mesi in collaborazione con l'Università di Siena. Vorremmo
riuscire a creare un percorso tattile per chi non vede, studiando dei
dispositivi che possono dare degli stimoli in maniera tattile e che
potrebbero aiutare i non vedenti ad esempio a camminare in maniera
più autonoma.
L'aptica è un qualcosa di molto complesso, ci
intervengono la robotica per quanto riguarda un dispositivo utile a
riprodurre la sensazione tattile, ma anche altri scienziati, ad
esempio gli psicologi ed i neuroscienziati. E' una comunità vibrante con tante realtà
che si parlano tra di loro".
In
base alla tua esperienza, qual'è lo stato in cui versa la ricerca in
Italia?
"In
Italia ci sono tantissimi ragazzi che fanno ricerca ad alto livello
con tanta passione in ambiti scientifici e culturali. Ovviamente la
situazione della ricerca italiana è quella che conosciamo,
abbastanza difficile, ma quello che ti spinge ad andare avanti è la
passione. Noi siamo un settore fortunato in cui gli investimenti ci
sono, soprattutto grazie ai fondi europei, ma in generale si
registrano tanti tagli in tanti settori, soprattutto nella cultura”.
Che
cosa hai provato nel ricevere un premio tra la tua gente, dividendo
il palco con Francesco Guccini?
"E'
stata una emozione grande: il mio paese, la mia Valle, mi ha
riconosciuto questo premio che è un motivo di orgoglio. Ho sentito
tanto affetto e sono fiero di essere della Valle del Diavolo, dove
torno sempre. Poi sono un 'gucciniano' della prima ora per me è
stato un grande onore e mi ha lusingato ricevere un complimento fatto
da una persona intelligente.
Nella nostra zona ci sono tante risorse umane, tante intelligenze, tante eccellenze anche nella musica e nella cultura. All'Auxilium Vitae di Volterra, ad esempio, stanno lavorando ad alcune iniziative anche nel campo della robotica molto interessanti e si stanno attivando per coinvolgere anche i ragazzi delle scuole superiori del territorio e creare delle opportunità anche per loro. A livello istituzionale c'è un gran lavoro e c'è lo spirito giusto per fare bene nel nostro territorio".
Spesso la scienza non ha la ribalta delle cronache, ma sono proprio queste attività che poi cambiano la vita delle persone, che ne pensi?
"In Val di Cecina c'è una grande capacità di valorizzare certe
esperienze: a differenza di altri territori si riesce a produrre
dei momenti culturali importanti, in cui la comunità si confronta e
riconosce i suoi successi.
E' vero che la ricerca nasce in laboratorio, ma poi non si ferma lì.
Questo è vero non solo per quella scientifica o quella biomedica
dove le implicazioni sono più evidenti perchè si ha a che fare con
la salute. Anche la ricerca culturale, letteraria, teatrale
servono perchè creano l'anima critica e la coscienza di un paese e
lo proteggono dall'ignoranza".
© Riproduzione riservata
Se vuoi leggere le notizie principali della Toscana iscriviti alla Newsletter QUInews - ToscanaMedia. Arriva gratis tutti i giorni alle 20:00 direttamente nella tua casella di posta.
Basta cliccare QUI