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Cultura martedì 17 gennaio 2017 ore 11:00

Le armi etrusche

Spade, pugnali, lance, corazze, elmi e scudi. L’armamentario dell’antico popolo era estremamente ricco e all’avanguardia



VOLTERRA — Belligeranti o pacifisti? Inclini al conflitto o propensi alla mediazione? Lotte di espansione o per il mantenimento della propria autonomia? Come vivevano gli Etruschi la guerra?

Sull'organizzazione militare e sulle tattiche di combattimento dell’antico popolo abbiamo poche informazioni. Ma, dalle armi e dalle raffigurazioni presenti sui vasi rinvenuti durante gli scavi archeologici, sappiamo che, nonostante avessero una scarsa vocazione bellica ed entrassero in azione solo se attaccati, potevano contare su un’efficiente apparato marziale.

La prima forma di protezione adottata fu la scelta dell’insediamento e la sua fortificazione. Costruite, infatti, su alture che ne costituivano una difesa naturale, le prime città stato erano circondate da mura possenti e invalicabili.

Per le strategie e l’armamentario subirono, invece, l’influenza dei modelli ellenici e orientali. Ma, grazie alle loro abilità e ingegnosità artigianali, i Rasenna migliorarono gli strumenti bellici, introducendo elementi innovativi come l’utilizzo del ferro in sostituzione del bronzo e sperimentando tecniche originali e forme nuove.

Ma che cosa comprendeva la loro attrezzatura?

Le armi offensive si dividevano tra quelle per il combattimento corpo a corpo, come l'asta pesante, la spada lunga, il gladio, la sciabola ricurva (machaira), il pugnale, l'ascia a due lame e il bastone ricurvo (lituo); e quelle da tiro costituite dal giavellotto, dalla fionda e dall’arco con frecce in ferro o in bronzo.

Le armi difensive, invece, erano l'elmo, lo scudo, la corazza e gli schinieri, ovvero la parte dell’armatura tesa a proteggere le gambe. Indumenti protettivi che riportavano motivi decorativi geometrici o mitologici sia per ornamento sia per distinguere i vari reparti.

Ciascuna lucumonia reclutava, su base censitaria, le proprie milizie, ma, in alcuni casi, ricorreva anche all’arruolamento di truppe mercenarie assoldate dai territori limitrofi.

L’esercito, che seguiva un ordine gerarchico, era costituito da corpi specializzati: gli opliti, a servizio permanente, erano l’elemento centrale e avevano un ruolo decisivo contro i nemici; la fanteria che iniziava il combattimento; le truppe leggere, formate da fanti e tiratori, che avevano il compito di provocare e disturbare l’avversario prima dell’attacco degli opliti; e, infine, la cavalleria, basata sulla mobilità, fungeva da scorta, incentivava la schermaglia e gli inseguimenti.

Ma, durante le battaglie, poteva capitare che partecipassero anche combattenti non professionisti. Con una funzione apotropaica e incoraggiante, infatti, alcune volte, si univano anche i sacerdoti che, disarmati, ma muniti di fiaccole e serpenti, davano il proprio contributo spirituale.

A supporto dei soldati e della riuscita dello scontro, era presenti anche numerose figure professionali tra cui ingegneri e fabbri per la costruzioni di macchine da guerra, suonatori di corno per mandare segnali ai comandanti, schiavi addetti al trasporto di viveri e munizioni e genieri incaricati di costruire le fortificazioni.

Viola Luti
© Riproduzione riservata


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