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sabato 14 dicembre 2024

STORIE DI ORDINARIA UMANITÀ — il Blog di Nicolò Stella

Nicolò Stella

Nato in Sicilia si è trasferito a Pontedera a 26 anni e ha diretto la Stazione Carabinieri per 27 anni. Per sei anni ha svolto la funzione di pubblico ministero d’udienza presso la sezione distaccata di Pontedera del Tribunale di Pisa. Ora fa il nonno e si dedica alla lettura dei libri che non ha avuto tempo di leggere in questi anni.

Chi ha messo l'organico nell'indifferenziata?

di Nicolò Stella - domenica 10 luglio 2022 ore 08:30

Le inchieste del maresciallo Cometa.

Un’allegoria estiva.

Alle undici del mattino di un pigro martedì estivo, il quotidiano tran, tran dell'ufficio del maresciallo Cometa fu scosso per l’arrivo di una lettera anonima con dentro una foto che apparentemente sembrava un feto in formalina. Si trattava, da uno sguardo più attento, di rifiuti di cibo in decomposizione in una vaschetta di plastica. Il giorno dopo, mercoledì, giunse anche una lettera senza firma, diceva che qualcuno aveva gettato dell'organico nell'indifferenziata, e i guanti nel contenitore della carta. "Che dire?", si chiedeva l'appuntato Meteora, nel vedere la foto del giorno prima e leggendo perplesso il contenuto della lettera appena arrivata. L'episodio denunciato dal delatore anonimo aveva delle circostanze oscure, il crimine commesso era grave e di difficile soluzione. 

Occorreva fare ricorso al miglior investigatore presente sulla piazza. Nell'immediatezza intervenne la famigerata squadra investigativa, la "G.F.R." di Viale America, che aveva recuperato il contenitore in fondo al sacco, ma gli operatori si erano rifiutati di repertarlo. A questo punto non tardò ad arrivare la nota di richiamo, con delega nominativa, al maresciallo Cometa, da parte del Sostituto Procuratore della Repubblica che cominciava "a rompersi" dal comportamento tenuto da tutti gli investigatori. Il fiuto del maresciallo Cometa non tradì le aspettative. Una volta giunto sulla scena del crimine individuò, celato dietro un cassonetto, un secondo contenitore di organico. Nonostante la competenza dell'indagine fosse per consuetudine e tipologia del RIS di Parma, il maresciallo Cometa si mise ugualmente al lavoro. Dopo aver rifiutato delle spinose piante offerte in regalo, quale bieco tentativo di corromperlo, convenne per una serena riappacificazione fra tutti i sospettati che una volta individuati si affidarono alle preghiere. 

Una terza lettera anonima pervenuta di giovedì indicò come autrice del misfatto tale Teresa, una signora albanese che da giovane era stata in visita nel Bengala Occidentale. Ma tutti furono increduli, non poteva essere stata lei, troppo piccola e troppo anziana. Venerdì arrivò una quarta lettera che chiamò in causa un certo Paolo, un turco che si era trasferito a Roma. Alla fine della giornata il Procuratore Capo avocò a sé l'indagine per evitare che il suo Sostituto, per protesta, abbandonasse la scena del crimine. Sabato nonostante la giornata prefestiva arrivò l'ultima lettera della settimana. Ancora una volta anonima, con dentro una foto, stavolta in bianco e nero con una sinistra "spina nella presa" forse voleva suggerire che sarebbe stato meglio "staccarla" e finire lì l'indagine appena iniziata. L'ispettore di polizia chiamato a collaborare in sinergia interforze, suggeriva che era meglio seguire un bel film alla TV. 

La domenica trascorse serena e servì al Maresciallo Cometa per riorganizzare le idee e fare il punto della situazione. Lunedì giunse un’altra lettera, sempre anonima e sempre nella stessa busta gialla. Stavolta per scriverla avevano utilizzato un vecchio metodo mai andato in disuso, il pantografo. Nessuna perizia calligrafica avrebbe mai potuto individuare l'autore, che ipotizzava che a commettere il fatto poteva essere stato un ex alunno dell'asilo della Mariuccia, dando delle indicazioni circa la sua personalità. Sicuramente era un "frustrato", "polemico" e "incattivito per le vicissitudine della vita". Con le indicazione date, la cerchia dei sospettati si restrinse drasticamente. Il maresciallo Cometa aveva già indetto una conferenza stampa per la sera, non appena la calura estiva si fosse quietata. 

Un'ora prima della fissata rivelazione dell'esito delle indagini (per l'occasione si erano scomodati anche il Comandante Provinciale e un delegato di quello Regionale), una telefonata interruppe quell'aria di soddisfazione che circolava per avere messo un punto fermo alla imminente conclusione delle indagini. Il gelo piombò sull'ufficio. La giornalista della città, quella che giungeva sulla notizia sempre prima dei suoi colleghi, quella che a volte formava la notizia attraverso il contenuto di quattro o cinque monosillabi rivelati da quattro o cinque investigatori sparsi nelle Stazioni della vallata. Questa sagace giornalista disse di avere in mano una lettera in bianco. Non vi era scritto nulla ma il suo sesto senso di investigatrice prestata alla cronaca locale di un quotidiano, le faceva presupporre che si trattasse dell'ennesima lettera dell'autore ignoto che stavolta l'aveva inviata alla sua redazione. I presenti, compreso il Comandante Provinciale suggerirono di non dare peso alla telefonata e non tenere conto della supposizione della giornalista che agiva, a loro dire, solo per un tornaconto personale e di procedere con l’incontro con la stampa. Il Maresciallo Cometa ricordò ai presenti le parole di Calogero Di Bella: “il confidente non rivela, suggerisce, mette la notizia buona in mezzo a tante bugie perché non si fida neanche dei Carabinieri”. 

La giornalista, che tutti chiamavano per nome, e solo il maresciallo Cometa si ostinava chiamarla con un “Lei” istituzionale, giunse in caserma con la busta gialla in mano. Ci volle poco per compararla, e osservare che la busta proveniva dallo stesso lotto di produzione delle precedenti. Il foglio invece era bianco con delle venature giallognole. Il pezzo di carta passò fra le mani dei presenti, quasi a cancellare le impronte qualora ce ne fossero state. Il Comandante Provinciale lo rigirò più volte, passandolo poi al delegato Regionale che lo allungo subito all’Appuntato Meteora. Infine arrivò fra quelle del Maresciallo Cometa che l’avvicinò al naso odorandone l’acidità che emetteva. Disse: “questo è cloruro di cobalto”. Aggiunse: “Meteora, mi procuri una candela”. 

L’Appuntato si mise subito in movimento, pensando: “Dove gliela procuro una candela di questi tempi”. Uscendo dalla caserma alzò gli occhi e vide la porta della chiesa del Crocifisso aperta. S’introdusse furtivamente all’interno e dal banchetto degli ex voto sfilò una candela che poi tutto contento, portò al Maresciallo che attendeva sotto lo sguardo interrogativo dei colleghi e quello divertito dei giornalisti. Il Maresciallo accese la candela e avvicinò il foglio al calore della fiamma e come d’incanto apparve il messaggio: "Attenzione si tratta di una questione tra prime donne. Paola Barale è stata preferita a Jo Squillo e a Sabrina Salerno. Dopo una lunga battaglia a colpi di stile, è stata lei che si aggiudicato lo scettro, battendo le rivali di tutto conto.” 

A togliere d’impiccio gli investigatori giunse in caserma il Procuratore Capo della Repubblica che dopo avere avocato a sé l’indagine, avocò anche la conferenza stampa. Disse che non vi erano prove per incolpare chicchessia, e non vi era la possibilità di sostenere l’accusa in dibattimento. Il solito giornalista buontempone, giunto dal capoluogo, si interrogava e soprattutto interrogava, incalzando il Procuratore: "Ma allora chi è stato a buttare il mangiare nella plastica? E soprattutto chi è stato a buttare la plastica nella carta? E chi è che ha buttato i guanti nel mangiare?" Il Procuratore nel lasciare precipitosamente i locali della caserma seguito, anzi inseguito, dai giornalisti, sentenziò: “Solo un testimone oculare potrà cambiare il corso delle indagini”

A questo punto al Maresciallo non rimase altro che individuare il testimone in un ateo praticante, che in chiesa alla domenica si metteva apposta un po in disparte, per dissentire dalla predica. Il Maresciallo gli chiese la motivazione che lo aveva portato a decidere di collaborare con la Giustizia. Il testimone fece riferimento all'Ecclesiaste nella parte in cui dice che c'è un tempo per ogni cosa... c’è tempo per tacere e uno per parlare, augurandoci di "imbroccare" sempre il momento giusto. “L’ho visto mentre mischiava il pesce con il maiale", disse il testimone facendo il nome del responsabile e sottoscrivendo il relativo verbale. La relazione conclusiva del Maresciallo Cometa, fu di tipo odissiaco: “Sulla base degli elementi raccolti ad ogni buon fine globalmente allegati alla presente relazione, tenuto conto delle rivelazioni del teste che allo stato non possiamo considerare attendibile, questo ufficio conclude che il colpevole è il signor nessuno". Il Procuratore della Repubblica ne trasse le conseguenze chiedendo l'archiviazione delle indagini al G.I.P., con una salomonica motivazione: “Così si fa e così si dice".

Nicolò Stella

N.B. A volte si scrive per sé stessi e non per chi legge. Comunque fatti e circostanze individuati e/o individuabili sono puramente casuali.

Nicolò Stella

Articoli dal Blog “Storie di ordinaria umanità” di Nicolò Stella