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Cultura mercoledì 09 novembre 2016 ore 12:10

Il conte partigiano

Partigiani in una foto d'epoca

Tra i partigiani volterrani della celebre XXIII Brigata Garibaldi c'era anche un nobile fiorentino. La sua storia nella documentazione dell'epoca



VOLTERRA — La XXIII Brigata Garibaldi “Guido Boscaglia” fa parte della storia della città di Volterra. Molti studiosi ne hanno analizzato gli aspetti storici e memorialistici, ci sono interviste ai partigiani che ne hanno fatto parte e una lettera, inviata nel 1984 ai compagni, in cui Carlo Cassola rievoca la sua esperienza.

Tra la documentazione, però, ci sono solo pochi cenni sulla presenza di personaggi particolari e aneddoti curiosi. Nella formazione, infatti, militava anche un conte proveniente dal capoluogo toscano: Sandro Contini Bonacossi, nome di battaglia Vipera. Il nobile fiorentino, senza la spocchia aristocratica e l’altezzosità del privilegiato, assolveva, con modestia e disponibilità, ai suoi doveri di partigiano tra i partigiani. Faceva parte del gruppo guastatori, quei combattenti che avevano il compito di far saltare ponti e strade per costringere i nazifascisti a ripiegare su percorsi dove fosse più facile attaccarli.

Aveva deciso di far parte della Brigata perché la sua vita a Firenze era minacciata dagli occupanti tedeschi che erano venuti a conoscenza della sua attività nei ranghi della Resistenza.

Amico di Ferruccio Parri e di Enzo Biagi, era iscritto al Partito d’Azione. Ardimentoso nelle scelte politiche, era creativo e fantasioso nel suo lavoro. Infatti, critico, collezionista d’arte e scrittore, collaborò, dopo la guerra, negli Stati Uniti d’America alla National Gallery of art di Washington. E fu proprio nei pressi della capitale statunitense, che, nel 1975, si uccise impiccandosi.

A distanza di anni le circostanze della sua morte non sono mai state chiarite. Anche su di lui sono circolate leggende e pettegolezzi. Fra queste, è stata avanzata anche l’ipotesi, infondata e denigratoria, che si fosse chiamato Vipera per aver eliminato, nel suo palazzo, gerarchi fascisti e ufficiali tedeschi utilizzando il veleno.

Con certezza, però, sappiamo che l’esperienza consumata assieme ai combattenti volterrani è rimasta nei suoi ricordi e motivo del suo amore per la città.   

Viola Luti
© Riproduzione riservata


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