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mercoledì 04 dicembre 2024

FAUDA E BALAGAN — il Blog di Alfredo De Girolamo e Enrico Catassi

Alfredo De Girolamo e Enrico Catassi

ALFREDO DE GIROLAMO - Dopo un lungo periodo di vita vissuta a Firenze in cui la passione politica è diventata lavoro, sono tornato a vivere a Pisa dove sono cresciuto tra “Pantere”, Fgci, federazione del partito e circoli Arci. Mi occupo di ambiente e Servizi Pubblici Locali a livello regionale e nazionale. Nella mia attività divulgativa ho pubblicato i libri Acqua in mente (2012), Servizi Pubblici Locali (2013), Gino Bartali e i Giusti toscani (2014), Riusi: da rifiuti a risorse! (2014), Giorgio Nissim, una vita al servizio del bene (2016), SosteniAMO l'energia (2018), Da Mogador a Firenze: i Caffaz, viaggio di una famiglia ebrea (2019). ENRICO CATASSI - Storico e criminologo mancato, scrivo reportage per diversi quotidiani online. Svolgo progetti di cooperazione internazionale nei Paesi in via di sviluppo. Curatore del libro In nome di (2007), sono contento di aver contribuito, in piccola parte, ad Hamas pace o guerra? (2005) e Non solo pane (2011). E, ovviamente, alla realizzazione di molte edizioni del Concerto di Natale a Betlemme e Gerusalemme. Gli autori insieme hanno curato i seguenti libri: Gerusalemme ultimo viaggio (2009), Kibbutz 3000 (2011), Israele 2013 (2013), Francesco in Terra Santa (2014). Voci da Israele (2015), Betlemme. La stella della Terra Santa nell'ombra del Medioriente (2017), How close to Bethlehem (2018), Netanyahu re senza trono (2019) e Il Signor Netanyahu (2021).

Russia, Turchia, pipeline e gas

di Alfredo De Girolamo e Enrico Catassi - venerdì 14 ottobre 2016 ore 07:00

Vladimir Putin

Mentre la Russia dello zar Putin sogna di riportare in auge il passato imperiale ed exsovietico, la Turchia del sultano Erdogan inverte alleanze storiche e definisce un nuovo percorso geopolitico, alternativo a Bruxelles e a Washington nel nome di una strategia unitaria con Mosca. Il primo passo concreto è avvenuto a margine del World Energy Congress di Istanbul che si chiude oggi, quando il presidente russo e il suo omologo turco hanno firmato un patto sulle energie, avviando la costruzione di un gasdotto. 

Il 1° dicembre del 2014, BOTAŞ, l'azienda statale turca e Gazprom siglarono un memorandum d'intesa per la costruzione di un nuovo gasdotto offshore denominato Turkish Stream. Il progetto sostituiva una ipotesi precedente caldeggiata da alcuni paesi europei, il South Stream. L'accantonamento di South Stream aprì di fatto la strada alla partnership del colosso turco e di quello russo per questo progetto, che ha navigato in acque anche burrascose con qualche reciproco sgambetto e pesanti sospensioni, spesso indotte da difficoltà politiche tra Mosca e Ankara. 

Il piano imprenditoriale di Turkish Stream è raggiungere la capacità di trasportare 63 miliardi di metri cubi di gas all'anno dalla Russia alla Turchia, entro il 2019. L’accordo prevede la costruzione di due linee o “gambe” sul fondo del Mar Nero, con un investimento stimato intorno ai 12 miliardi di euro. Per Mosca il progetto Turkish Stream ha molti aspetti positivi al contrario dell'antico progetto del gasdotto South Stream che presentava maggiori costi realizzativi, introduceva questioni ambientali e normative difficili da prevedere. Inoltre il gasdotto pone le condizioni affinchè Gazprom diventi leader del mercato turco, scalzando di fatto il dominio tedesco. 

Gli effetti “indiretti” legati all'operazione Turkish Stream passano dal settore economico con un mercato prezioso dove far confluire i prodotti bloccati da embargo, al piano militare, con un alleanza anti Isis in Siria, per riflettersi a livello diplomatico con un indebolimento della Nato. Che le relazioni tra Erdogan e Obama fossero profondamente incrinate, dopo il mancato golpe, era stato chiaro al vertice del G20 di Hanghzou, dove il primo presidente afroamericano con la testa reclinata in segno di sconfitta e stanchezza riceveva da Erdogan uno stucchevole buffetto. Altra cosa le strette di mano e gli abbracci tra Erdogan e l'amico Putin. Barack Obama lascerà presto la Casa Bianca in una fase molto delicata dei rapporti internazionali. 

Gli USA sono ancora la più grande superpotenza del mondo, ma il loro potere, o strapotere, è apertamente messo discussione. L'acutizzarsi della tensione con la Russia per questioni quali Ucraina, Siria, e non solo, mette indietro le lancette dell'orologio, esattamente ad un quarto di secolo fa quando sfogliavamo gli ultimi capitoli della Guerra Fredda. Perdura sin da allora un movimento di riequilibri globale inarrestabile. Obama dal suo incauto predecessore George W. Bush aveva ereditato una montagna di “panni sporchi”: l'Iraq compromesso, lo scenario afghano devastato e il processo di dialogo israelopalestinese congelato. Nel suo mandato scoppieranno le rivolte di piazza, la primavera araba con le sue rivoluzioni e controrivoluzioni. Siria e Libia si trasformano in criticità interminabili e ingestibili. Il dramma dei profughi deflagra. Il terrorismo è quotidianità. 

L'Europa stenta sfumando in dissolvenza. Indubbiamente la governance di Obama ha sofferto "forti sollecitazioni". Ma la visione di questo presidente è stata pur sempre una via progressista e, a tratti, illuminante, più di una pipeline.‎

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Alfredo De Girolamo e Enrico Catassi

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