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martedì 12 novembre 2024

PENSIERI DELLA DOMENICA — il Blog di Libero Venturi

Libero Venturi

Libero Venturi è un pensionato del pubblico impiego, con trascorsi istituzionali, che non ha trovato niente di meglio che mettersi a scrivere anche lui, infoltendo la fitta schiera degli scrittori -o sedicenti tali- a scapito di quella, sparuta, dei lettori. Toscano, valderopiteco e pontederese, cerca in qualche modo, anche se inutilmente, di ingannare il cazzo di tempo che sembra non passare mai, ma alla fine manca, nonché la vita, gli altri e, in fondo, anche se stesso.

​Lettera sulla brevità della vita

di Libero Venturi - domenica 26 aprile 2020 ore 07:30

In questi tristi tempi di pandemia veniamo quotidianamente informati del contagio e della morte di nostri simili. Una generazione di anziani, i più deboli, soprattutto, ne esce decimata. La morte si è presa il loro tempo e la loro vita. E, anche se avranno vissuto, questo avviene tragicamente anzitempo, in anticipo rispetto alle loro aspettative e speranze, rese più brevi. Lucio Anneo Seneca, ancora lui, il filosofo latino vissuto tra il 4 a.C. e il 65 d.C. ci ha lasciato riflessioni sul tempo e sulla vita valide ancora oggi. Nel «De brevitate vitae» che fa parte dei Dialoghi, così si esprime.

“Ammesso pure che la vostra vita superi i mille anni” -e sai che palle, nota del traduttore- “si ridurrebbe ad un tempo ristrettissimo”. Come Montale: è stato breve il nostro lungo viaggio. Prosegue Seneca: “In verità questo spazio, che, benché la natura faccia scorrere, la ragione dilata, è ineluttabile che presto vi sfugga: infatti voi non afferrate né trattenete o ritardate la più veloce di tutte le cose, ma lasciate che se ne vada via come una cosa inutile e recuperabile”.

Cioè, per quanto ci possa sembrare lunga, interminabile e noiosa, la vita è breve, morir si deve. Yolo, dicono i giovani, acronimo che sta per you only live once, si vive solo una volta. La vita è una, non è recuperabile, scorre veloce, la più veloce di tutte le cose, e noi non impareremo mai a trattenerla, afferrarla, dandole il valore e l’attenzione che merita per vivere in maniera decente.

Ancora Seneca. “Vi è dunque dubbio che i migliori giorni fuggano ai mortali, sventurati e così in affanno? Opprime i loro animi ancora infantili, la vecchiaia, a cui giungono impreparati e indifesi; nulla infatti è previsto: improvvisamente e senza aspettarselo s’imbattono in essa, non si sono accorti che si avvicinava giorno dopo giorno. Allo stesso modo che un discorso o una lettura o un pensiero intenso trae in inganno chi percorre un cammino e si accorge di essere giunto a destinazione prima di quanto riteneva di arrivare, così questo viaggio della vita, costante e velocissimo, che percorriamo con la stessa andatura da svegli e da dormienti, non si manifesta a noi, indaffarati, se non alla fine”.

“Vivete come se doveste vivere sempre, mai vi sovviene della vostra caducità, non ponete mente a quanto tempo è già trascorso; ne attingete come da una rendita ricca ed abbondante, quando forse proprio quel giorno, che dedicate a una certa persona o a una certa cosa, è l’ultimo”.

«Omnia tanquam mortales timetis, omnia tanquam immortales concupiscitis», “avete paura di tutto come mortali, desiderare tutto come immortali”.Cavolo se è vero! I senegalesi muridi sono i più saggi, fra noi, perché dicono l’opposto: lavora come se non dovessi morire mai, prega come se dovessi morire adesso. Come il nostro ora et labora.

Ma ascoltiamo ancora Seneca. “Udirai la maggior parte dire: dai cinquant’anni mi metterò a riposo, a sessant’anni mi ritirerò a vita privata. E che garanzia hai di una vita tanto lunga? Chi permetterà che queste cose vadano così come hai programmato? Non ti vergogni di riservare per te i rimasugli della vita e di destinare alla sana riflessione solo il tempo che non può essere utilizzato in nessun’altra cosa? Quanto è tardi, allora, cominciare a vivere, quando si deve finire? Quale sciocca dimenticanza della nostra mortalità è differire i buoni propositi ai cinquanta e sessant’anni e quindi voler iniziare la vita lì dove pochi sono arrivati?”

Quindi, a proposito della brevità della vita, cinquanta o sessant’anni erano allora, nel 64 circa d.C., un traguardo per pochi. Seneca, il filosofo, era detto il Giovane, per distinguerlo dal padre retore, Seneca anche lui, però detto il Vecchio che, in effetti, morì quasi centenario. Ma era un’eccezione, rispetto all’età media di allora. Seneca il Giovane arrivò oltre i sessanta, dopodiché dovette suicidarsi per ordine dell’imperatore Nerone, di cui era stato inutilmente educatore e consigliere, il quale lo accusò, senza prove né processo, di aver ordito contro di lui. Poi dice che la politica oggi è una brutta cosa, il progresso è nemico dell’uomo e la scienza medica sono solo le controindicazioni del “bugiardino”! Anche se il coronavirus ci darà una bella botta, la speranza di vita media in Italia oggi è 82 anni: 80 per gli uomini, 85 per le donne.

Torniamo al De Brevitate. Seneca sostiene che “la vita si divide in tre tempi”, «In tria tempora vita dividutur: quod fuit, quod est, quod futurum est», “il passato, il presente, il futuro”, e prosegue, “di questi il presente è breve, il futuro dubbio, il passato certo. Su quest’ultimo la sorte ha perduto ogni potere: il passato non può più dipendere dal capriccio di alcuno... è la parte sacra e inviolabile del nostro tempo: sta al di sopra di tutti gli eventi umani, fuori dal dominio della sorte, non presenta incognite, non è toccata da povertà o malattie, non può essere sconvolta né esserci strappata: la si possiede così com’è per sempre, senza brividi... basta un cenno e il passato ci starà davanti e lo potremmo valutare e trattenere. Il presente è brevissimo, tanto da poter sembrare inesistente; infatti è sempre in movimento, scorre precipita, cessa di essere prima ancora di arrivare”. Considerazioni queste che fanno la gioia degli storici e si contrappongono ai tempi odierni in cui invece vige un eterno presente, che non impara dalla storia e non crede nel futuro.

“Onori, monumenti, tutto ciò che l’ambizione ha stabilito con decreti o ha costruito con le opere, presto va in rovina”. Per Seneca solo la saggezza resta la chiave per superare l’angustia della vita. «Sapientis ergo multum patet vita», “molto dunque si estende la vita del saggio”.Chi è saggio, come fosse un dio, “abbraccia col ricordo il passato, utilizza il presente, pregusta il tempo che deve ancora venire”. «Longam illi vitam facit omnium temporum in unum collatio», “la comprensione unica di tutti questi tempi a lui rende lunga la vita”. E invece “brevissima e piena di angosce è la vita di chi dimentica il passato, trascura il presente e ha paura del futuro”.

Altri passi tratti dalle «Epistulae morales ad Lucilium», ribadiscono la concezione di Seneca della condizione umana, dello scorrere del tempo e dell'importanza di vivere con pienezza la propria esistenza. “Chiunque lamenta che uno è morto, lamenta che è stato un uomo. La medesima condizione ha vincolato tutti”: «cui nasci contigit mori restat», “a chi è capitato di nascere tocca di morire”. E ancora. «Cotidie morimur; cotidie enim demitur aliqua pars vitae, et tunc quoque crescimus vita decrescit», “ogni giorno moriamo; ogni giorno infatti ci viene tolta una parte della vita, e in realtà anche quando cresciamo la vita decresce”. Tuttavia, anzi proprio per questo, dice Seneca: “non dobbiamo cercare di vivere a lungo, ma di vivere abbastanza; vivere a lungo dipende dal destino, dalla nostra anima vivere quanto basta”. «Longa est vita si plena est», “la vita è lunga se è piena”.

Una parola! Ma anche un insegnamento, al di là dei gesti apotropaici che, capace, avrete fatto. Quest’anno la Festa della Liberazione dal nazifascismo, celebrata ieri, segna anche la speranza della liberazione dal virus e dalla reclusione che ci ha imposto. Libera nos a malo, dice la preghiera. Torneremo a vivere insieme, prima o poi, la nostra breve, per quanto lunga, esistenza. Perché è vero che cresciamo e la vita decresce e spesso crescendo si impara un bel niente, né dalla vita, né dalla storia. Invece non dovrebbe essere così. Dovremmo ascoltare il saggio Seneca e viverla meglio, più pienamente, la nostra vita. E anche imparare dalla nostra storia. Buona domenica e buona fortuna.

Libero Venturi

Pontedera, 26 Aprile 2020

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Nota per una migliore -seppur difficile, colpa mia- comprensione del testo. Le frasi, in corsivo, tra le virgolette « » sono quelle che riportano il testo latino di Seneca. Quelle, non in corsivo, contenute tra le virgolette “ “ sono la traduzione in italiano. Il resto sono sintesi e osservazioni personali, ancor più colpevoli, che concorrono a far sì che la vita, oltre che breve, sia anche noiosa.

Libero Venturi

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