I tipping points e la stupidità umana
di Adolfo Santoro - sabato 21 dicembre 2024 ore 08:00

Il 2024 Living Planet Report (un sistema in pericolo), realizzato dal WWF e dalla Zoological Society of London, ha concluso, in sintesi, che, quando gli impatti cumulativi del danno al Pianeta Terra raggiungono una soglia, il processo si autoalimenta, determinando un cambiamento sostanziale, spesso brusco e potenzialmente irreversibile: un punto di non ritorno.
La biodiversità sostiene la vita umana e la nostra società. Eppure, ogni indicatore che descrive lo stato della natura, ovvero della biodiversità, su scala globale evidenzia un declino.
Tra il 1970 e il 2020 la dimensione media delle popolazioni animali monitorate si è ridotta del 73%, come misurato dal Living Planet Index (LPI). Questo indice viene calcolato sulla base dei trend demografici di quasi 35.000 popolazioni e di 5.495 specie di anfibi, uccelli, pesci, mammiferi e rettili. Le popolazioni di acqua dolce hanno subito il decremento più significativo, diminuendo dell’85%, seguite dalle popolazioni terrestri (69%) e marine (56%).
A livello regionale, i cali più repentini sono stati registrati in America Latina e nei Caraibi – un calo preoccupante del 95% – seguiti da Africa (76%), Asia e Pacifico (60%). Il decremento è stato meno drammatico in Europa, Asia centrale (35%) e Nord America (39%), ma ciò riflette il fatto che in queste regioni gli impatti su larga scala sulla natura erano già evidenti prima del 1970: alcune popolazioni si sono stabilizzate o sono aumentate grazie agli sforzi di conservazione e alla reintroduzione di specie. Il degrado e la perdita degli habitat, causati principalmente dal nostro sistema alimentare, rappresentano la minaccia più frequente in ciascuna regione. Sfruttamento senza limiti, diffusione di specie invasive e patologie, cambiamento climatico (soprattutto in America Latina e nei Caraibi) e inquinamento (in particolare nel Nord America, in Asia e nel Pacifico) costituiscono le altre minacce principali.
Monitorando i cambiamenti nella dimensione delle popolazioni delle diverse specie nel corso del tempo, il LPI funge da indicatore di allerta precoce del rischio di estinzione e aiuta a comprendere la salute degli ecosistemi. Quando la popolazione di una determinata specie scende sotto un livello critico, quella specie potrebbe non essere più in grado di svolgere il proprio ruolo funzionale all’intero ecosistema, che si tratti della dispersione dei semi, dell’impollinazione, del pascolo, del ciclo dei nutrienti o di altri processi che garantiscono il corretto funzionamento degli ecosistemi. Al contrario, le popolazioni stabili contribuiscono alla resilienza del sistema, attenuando l’impatto dei disturbi esterni quali patologie ed eventi meteorologici estremi. Il declino delle popolazioni, come evidenziato dal LPI globale, diminuisce la resilienza e minaccia il funzionamento degli ecosistemi. Ciò a sua volta mina la capacità degli ecosistemi di fornire benefici alle persone: cibo, acqua pulita, stoccaggio del carbonio per un clima stabile, salute, includendo tra questi anche i contributi che la natura offre al nostro benessere culturale, sociale e spirituale.
Il LPI e gli altri indicatori simili concordano nel mostrare che la natura sta scomparendo a un ritmo allarmante. Stiamo raggiungendo punti di non ritorno pericolosi!
Sebbene alcuni cambiamenti possano essere di piccola portata e graduali, il loro impatto cumulativo può innescare un cambiamento più ampio e repentino. Quando gli impatti cumulativi raggiungono una certa soglia, il cambiamento si autoalimenta, determinando una transizione spesso brusca e potenzialmente irreversibile. In questo caso si dice che il sistema ha raggiunto il tipping point o punto critico di non ritorno.
Nel mondo naturale, con le attuali tendenze, è probabile che si verificheranno diversi tipping point, con conseguenze potenzialmente catastrofiche. Alcuni dei tipping point rappresentano una grave minaccia per l’umanità e la maggior parte delle specie; inoltre, sono in grado di danneggiare i sistemi di supporto vitale della Terra, oltre a destabilizzare ovunque le società umane. I primi segnali di allarme indicano come diversi tipping point a livello globale si stiano rapidamente avvicinando.
Nella biosfera, l’estinzione di massa delle barriere corallinedistruggerebbe la pesca e la protezione dalle tempeste per milioni di persone che vivono sulle coste. Il raggiungimento del tippint point della foresta amazzonicarilascerebbe tonnellate di carbonio nell’atmosfera e sconvolgerebbe i sistemi meteorologici in tutto il mondo.
Nella circolazione oceanica, il collasso del vortice subpolare, una corrente circolare a sud della Groenlandia, cambierebbe drasticamente i modelli meteorologici in Europa e Nord America.
Nella criosfera (le parti ghiacciate del Pianeta), la fusione delle calotte glaciali della Groenlandia e dell’Antartide occidentalecomporterebbe un importante innalzamento del livello del mare, mentre la fusione su larga scala del permafrostcauserebbe il rilascio di ingenti quantità di CO2 e metano.
I tipping point a livello globale possono essere difficili da comprendere, ma si stanno già avvicinando punti critici locali o regionali, con gravi conseguenze ecologiche, sociali ed economiche.
Nell’America Nord-occidentale, l’effetto congiunto dell’infestazione di coleotteri della corteccia di pino e degli incendi boschivi più frequenti e intensi, entrambi aggravati dal cambiamento climatico, stanno spingendo le foreste di conifere verso un tipping point oltre il quale potrebbero essere sostituite da arbusteti e praterie.
Nella Grande Barriera Corallina australiana, l’incremento della temperatura del mare unito al degrado dell’ecosistema hanno portato a eventi di sbiancamento di massa dei coralli. Sebbene questo grande ecosistema abbia mostrato ad oggi una notevole resilienza, probabilmente perderemo il 70-90% di tutte le barriere coralline a livello globale, compresa la Grande Barriera Corallina stessa, anche se riuscissimo a limitare il riscaldamento climatico a 1,5°C.
In Amazzonia, la deforestazione e il cambiamento climatico stanno portando a una riduzione delle precipitazioni e un decadimento delle condizioni ecologiche delle condizioni ecologiche. In questa situazione si potrebbe raggiungere un punto critico oltre il quale le condizioni ambientali diventerebbero inadatte per la foresta pluviale tropicale, con conseguenze devastanti per le persone, la biodiversità e il clima globale. Il tipping point potrebbe non essere così lontano e secondo gli esperti potrebbe attivarsi nel momento in cui venisse raggiunta la soglia del 20-25% di deforestazione. Si stima che circa il 14-17% sia già stato deforestato.
In molti casi l’equilibrio è precario, ma i tipping point possono ancora essere evitati. Abbiamo l’opportunità di intervenire ora per aumentare la resilienza degli ecosistemi e ridurre gli impatti del cambiamento climatico e di altri fattori di stress prima che si raggiungano questi punti critici spesso irreversibili.
Stiamo perdendo la natura, con enormi implicazioni per tutti noi!
(continua)
Adolfo Santoro